Bocciato il referendum, il proibizionismo continua a far danni

Maria Novella De Luca
01 Mar 2022

In questo periodo in Italia si è tanto discusso del referendum cannabis legale per una revisione della normativa sulle droghe, per cui, lo scorso autunno sono state raccolte circa 600.000 firme ma che purtroppo, il 15 febbraio, la Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibile.


Le numerose firme raccolte dimostrano che i cittadini vogliono esprimersi su una situazione che evidentemente è diventata intollerabile e che in questi anni ha visto presentare diverse proposte di iniziativa popolare e proposte legislative sia alla Camera che al Senato, ma che sono rimaste ferme e senza risposta alcuna. E ancora una volta resteranno tali, in attesa di nuove mobilitazioni, ricorsi e tempo che passerà invano. Questo stallo ha portato ad avere ogni anno 30-40mila giovani segnalati alle prefetture per semplice consumo, possesso o coltivazione. Dal 1990 ad oggi, le segnalazioni sono state più di 1 milione e 300 mila, di queste 1 milione per aver fumato uno spinello. L’unica cosa ad essere andata avanti in questi anni, quindi, è stata la macchina della repressione, mentre le proposte di cambiare la legge sono rimaste ferme, assorbite dal silenzio della politica.

È in questo quadro politico e legislativo che finisce per essere giudicata peccaminosa e quindi punibile la condotta da grower di Domenico Russo, napoletano. E, per via di una legge che giudica illegale l’attività di autoproduzione, a finire nei guai anche l’amico che, il giorno della perquisizione e del sequestro avvenuti il primo dicembre 2021, era ospite di Domenico. L’ospite è il siciliano Giuseppe Nicosia, antiproibizionista e estimatore di cannabis da molti anni. Arrestati per concorso in possesso di cannabis e produzione a fini di spaccio: 9 piante fatte crescere sotto due Led, più il raccolto estivo essiccato. Domenico, onesto cittadino a cui mancano due esami per laurearsi in psicologia e tra l’altro tra i vincitori della Secret Cannabis Cup di Napoli del 2016. Durante l’estate coltiva 10 piante all’aperto ma effettua anche coltivazioni in casa nel periodo invernale, per avere una scorta fino al raccolto successivo.

Giuseppe Nicosia, laureato in Scienze naturali, autore del libro “Leone bianco, leone nero”, impegnato politicamente nell’antiproibizionismo e studioso di cannabis. È un grower che ha lavorato nella produzione di cannabis terapeutica in Canada. In Italia ha lavorato in svariati settori della cannabis: settore industriale, campo medico, coltivazione di cannabis light, relatore in conferenze e tavoli tecnici dedicati alla cannabis.

I due giovani ora, per l’art.73 D.P.R. 309/90, rischiano dai 2 ai 6 anni di carcere.

Nell’intero territorio italiano, infatti, è proibito coltivare marijuana: si tratta di un reato penale. In generale, la coltivazione di cannabis costituisce reato quando il quantitativo di droga ricavabile dalle piantine sia di tali dimensioni da far presumere che sia destinato allo spaccio o comunque alla cessione a terzi. In questi casi, scatta la reclusione, appunto, da sei a venti anni e la multa da 26mila a 260mila euro. La pena, secondo il comma 5 del D.L. n. 146/2013 può essere ridotta (reclusione da sei mesi a quattro anni e multa da 1.032 a 10.329 euro) se, per i mezzi, la modalità o le circostanze dell’azione ovvero per la qualità e le quantità delle sostanze, la condotta vietata è considerata di lieve entità.

Ma come fare a stabilire se le piantine di cannabis trovate a casa di una persona sono destinate a uso personale o allo spaccio?

Nel caso di detenzione di droga già prodotta è molto facile: bisogna guardare al quantitativo e alle modalità del possesso. Riguardo al quantitativo, per cannabis, marijuana e hashish si è stabilito che il confine sia 500 milligrammi di principio attivo. In pratica, chi viene trovato con non oltre tale quantità di droga non può essere accusato di spaccio poiché si tratta di dosi ritenute idonee all’uso personale. Ma la quantità di principio attivo drogante non è sempre sufficiente ad escludere il reato: occorre tener conto anche delle modalità di produzione e detenzione della sostanza. Se durante una perquisizione la polizia dovesse trovare un modesto quantitativo di droga rientrante nei parametri appena indicati, ma già pronto per essere ceduto (ad esempio, perché impacchettato in dosi ben misurate), allora scatterebbe il reato perché si presume che la droga sia destinata alla cessione.

Quando invece si tratta di piantine, e quindi di semi di cannabis o di canapa, il discorso si fa più complicato perché non è possibile stabilire, in anticipo, quanti grammi di principio attivo possono essere ricavati. Cosicché, in tali ipotesi, si fa una valutazione caso per caso, valutazione che compie chiaramente il giudice nel corso dell’eventuale processo penale conseguente alla contestazione fatta dalla polizia. Ad esempio, anche di fronte a grandi quantitativi, se si notano tecniche di coltivazione “non professionali” questo può significare che non saranno destinate alla vendita bensì a uso personale, quindi sarebbero non punibili.

Sicuramente una riflessione viene spontanea: i divieti e gli altri provvedimenti legislativi adottati in questi anni contro la produzione, la distribuzione e il consumo di droghe non solo non ne hanno diminuito l’uso, ma hanno anche alimentato un fiorente commercio gestito dalla criminalità organizzata. Ci chiediamo quindi se sia questa la strada da continuare a seguire?

Se non fanno più rumore le piazze, i cittadini che chiedono di esprimersi, le proposte di iniziativa popolare, le testimonianze di ingiustizie subite da liberi cittadini trattati come drogati, allora dobbiamo riporre le nostre speranze sul processo che Russo ed il suo semplice ospite Nicosia dovranno affrontare e sperare che per la prima volta, all’interno di un tribunale, sia riconosciuta la figura dell’autoproduttore e del consumatore responsabile?

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Maria Novella De Luca