Cannabis per il sociale

Exitable
02 May 2014

Della felicità artificiale e della violenza di questo sistema non se ne può più. I mass media per incutere paura raccontano orrori senza fine, tralasciando le buone notizie, e il bombardamento di reati cruenti, aggressioni, femminicidi, si sussegue ininterrottamente, in un orrore senza fine, figlio del malcostume culturale italiano e non solo.


Della felicità artificiale e della violenza di questo sistema non se ne può più. I mass media per incutere paura raccontano orrori senza fine, tralasciando le buone notizie, e il bombardamento di reati cruenti, aggressioni, femminicidi, si sussegue ininterrottamente, in un orrore senza fine, figlio del malcostume culturale italiano e non solo.

Della felicità artificiale e della violenza di questo sistema non se ne può più. I mass media per incutere paura raccontano orrori senza fine, tralasciando le buone notizie, e il bombardamento di reati cruenti, aggressioni, femminicidi, si sussegue ininterrottamente, in un orrore senza fine, figlio del malcostume culturale italiano e non solo.

Uno studio scientifico di quest'anno, infatti, svolto dall’Università del Tenesse, a Knoxville, negli Stati Uniti, è riuscito, come da titolo, “Ricerca trova il collegamento tra l'uso di alcol, non di erba, nella violenza domestica”, a sdoganare la cannabis dalle liti di coppia. Lo studio sugli uomini è stato pubblicato su Addictive Behaviors, mentre quello sulle donne sulla rivista scientifica Psycology and Addictive Behaviors.

Le implicazioni sono tante e per chi ancora non accetta i consumatori di cannabis, fortunatamente è arrivata anche questa ricerca scientifica a dar man forte alle nostre teorie. Lo studio è stata svolto su degli studenti universitari maggiorenni, 67 maschi e 173 donne, con una relazione da almeno un mese, con contatto faccia faccia tra partner almeno due giorni a settimana e che avevano consumato alcol nell’ultimo mese. Il report ha previsto la compilazione di un diario online per 90 giorni.

È risultato che la probabilità per gli uomini d’essere più propensi a perpetrare violenze psicologiche, sessuali e fisiche alla donne risulta maggiore sotto effetto dell’alcol, contrariamente a quando sotto influenza della marijuana. Le donne, invece, hanno più probabilità d’essere aggressive psicologicamente e fisicamente sotto effetto dell’alcol, ma hanno probabilità d’esserlo psicologicamente anche sotto quello della marijuana.

Lo studio è tra i primi a verificare gli intervalli di tempo tra le risposte violenze e il consumo di alcol e marijuana. In particolare, per quanto riguarda i maschi, la probabilità di abusi fisici e sessuali aumentano nei giorni che assumono alcol, con il consumo di ogni bevanda. L’abuso psicologico si verifica, invece, quando il maschio ha consumato cinque o più drink. Per la serie, se il maschio ha bevuto qualcosina tende a essere violento fisicamente, mentre se ha già bevuto molto (più di 5 drinks), sta talmente fatto da limitarsi a violenze psicologiche.

Questo studio si aggiunge ad altri nel dimostrare la correlazione tra alcol e violenza domestica, ma è uno dei primi a studiare la non correlazione tra consumo di marijuana e brutalità tra partner. Va quindi preso con le pinze per la ristrettezza del campione, ma indicativamente mostra la strada per uscire dal tunnel di dolore che s’instaura tra le coppie quando l’alcol la fa da padrone, tra uno o in entrambi i partner, fornendo indicazioni anche sui possibili programmi di recupero a base di marijuana terapeutica.

Ho trovato anche uno studio del 2013 titolato “L'associazione temporale tra uso di sostanze e violenza tra partner fra le donne arrestate per violenza domestica”, pubblicato sul Journal of Consulting and Clinical Psychology. Lo studio, svolto dalla dottoranda in psicologia Sara Elkins, ha mostrato come le donne che consumano marijuana abbiano meno probabilità di compiere violenza fisica. Al contrario, nei giorni di consumo, l’alcol e la cocaina sono stati associati al perpetrare violenza fisica o all’esserne vittima.

Lasciar crescere libera la cannabis, in pratica, non farebbe che diminuire la violenza nella società e, infatti, uno studio pubblicato a marzo sulla rivista scientifica Plos One, “Gli effetti sul crimine della legge sulla marijuana terapeutica”, ha mostrato non solo come la legalizzazione della marijuana medica in alcuni Stati degli Usa non sia stata associata ad alcun aumento della criminalità, ma, al contrario, ha portato ad un calo dei reati più violenti. Il tasso di rapine e furti è rimasto invariato, mentre sono calati aggressioni e omicidi, segno, probabile, che qualcuno a iniziato a preferire la cannabis all'alcol.

Purtroppo per tutti, però, la marijuana è proibita e l’alcol è la norma, incentivato pure dalle pubblicità ed è la sostanza alterante più usata e abusata. Si brinda per una nuova legge, un nuovo contratto, un accordo politico internazionale che poi prontamente non verrà rispettato o un matrimonio che magari finirà male proprio a causa dell'alcol. In chi ha questa abitudine, l’alcol traccia dei solchi neuronali nel cervello che, a quanto pare, oltre a generare violenza nei confronti del partner, genera pure intolleranza nei confronti dell’altrui pensiero o un atteggiamento distruttivo, oltre che nei propri confronti, anche in quello dell’ambiente e della società.

Forse intuiscono proprio bene i Rastafari, quindi, che nell’alcol vedono uno strumento di corruzione per l’anima, che fa parlare e agire contro la propria coscienza e che, di conseguenza, genera corruzione dello spirito e conseguentemente nel sistema religiosamente chiamato Babilonia. E se si pensa che l’abitudine all’alcol vien insegnata fin ai più piccini, in tutte le chiese d’Italia, dove a dare il buon esempio è proprio il prete che dall’altare, con ritualità da imitare, alza il calice contenente il vino, per poi nemmeno sorseggiarlo con calma, ma berlo di punta, tutto d’un fiato, dando il via all'abitudine che in molti porta a comportamenti sociali deplorevoli, quando va bene, o addirittura violenti, pure sui minori.

Eppure, il Chalice, in una cultura come quella Rasta, spronata nella ricerca dell'autenticità dall’erba, così come molto probabilmente nell’antico cristianesimo, è costituito da una pipa d’argilla per la cannabis, e in questo senso diviene naturalmente il “Calice della vita”.

La ritualità cattolica genera quindi una cultura del vino che a volte crea mostri e disastri relazionali in aumento con l’incremento del consumo, anche perché a bere, ultimamente, non sono più solo gli uomini come cinquant’anni fa, quando uscivano barcollanti da qualche osteria e fortunatamente non avevano una macchina da guidare. Ora bevono pure le donne, la società è ben più artificiale d'un tempo e la globalizzazione richiede l’avvicinamento tra le persone, i popoli e alla natura, così come la cannabis può favorire, al fine di poter mantenere la pace e l’ambiente.

Senza voler dare tutta la colpa alla Chiesa, l’alcol, insomma, non fa bene alla coppia, che anzi tende a scoppiare se almeno uno dei due alza troppo il gomito. Peggiora il rapporto per la perdita di controllo, quindi dello spirito e dell’anima secondo Bob Marley, andando a discapito della relazione di coppia e incrementando i punti di disaccordo.

L'alcol, insomma, è il maggior responsabile della regola diabolica del “dividi ed impera”, sia sulla persona nei confronti di anima e corpo, che della coppia, o dei popoli. I colonizzatori, per esempio, avevano spesso questo vizio.

Una bella canna in compagnia del proprio partner intimo, invece, oltre a poter fungere da disinibitore sessuale, potrebbe aiutare a trovare punti di contatto tra le due anime, portando ad un rapporto più sano, profondo e paritario, se basato sulla pace, per non dire matriarcale, nei casi in cui alcune donne tendono a mostrare una maggiore aggressività, pure sessuale, quando hanno consumato cannabis.

Non si può pretendere, si deduce, di sbaraccare da una parte, incluso l'abuso di cannabis, e pretendere tutto vada sano e liscio dall'altra, nel rapporto famigliare.

In caso di bisogno, quindi, a mio modo di vedere, è meglio evadere un pò con la cannabis, piuttosto che molto con alcol o altre droghe, se si vuole preservare l’intimità coniugale, sociale, oltre alla propria salute.

Quella dell’evasione dalle sbarre della società, a volte, per qualcuno, diviene una vera e propria necessità e nell’uso ludico della cannabis il consumatore si riferisce al desiderio di “andare un po' fuori”.

Differentemente, nell’uso medico della cannabis, il fruitore utilizza il rimedio proprio “per starci dentro” e questo dovrebbe essere un diritto sacrosanto, tutelato dalle leggi. Anche perché pure l'uso di psicofarmaci di sintesi, per esempio, si accompagna spesso a episodi violenti. Al Prozac sono imputati 2.500 morti tra suicidi e omicidi nei soli Stati Uniti, per quelle che questo sistema, che si sta fortunatamente sempre più sgretolando con la rinascita della cultura della cannabis, vengono semplicemente chiamate reazioni negative.

Il 60% dei suicidi è causato dalla depressione, secondo il World Health Organization, e tra il 1950 e il 1995, periodo forse casualmente accompagnato dalla scomparsa dalla canapa, i suicidi sono aumentati sempre del 60%. E la depressione è spesso accostata a disordini mentali, d'ansia e umore, correlati al consumo di alcol e tabacco, le uniche due droghe facilmente fruibili.

La cannabis non porta a violenza e degenerazione, ma fa esattamente il contrario, per quanto i proibizionisti che non l'hanno mai provata non possano crederci. Curiosando sul sito del Dipartimento delle Politiche Antidroga (Dpa), però, ho scoperto come loro stessi abbiano la risposta in mano. Il Sistema Cannabinoide Endogeno (presente in ogni essere umano), recita il Dpa, ha azione su vari ambiti vitali: equilibrio energetico (regolazione dell’assunzione di cibo e al mantenimento dell’omeostasi metabolica, la tendenza naturale, cioè, al raggiungimento di una stabilità chimico-fisica interna), regolazione dell’appetito (sensibilità delle viscere, quindi effetto su nausea e vomito e modulazione del senso di sazietà), funzioni endocrine (modula la secrezione delle ghiandole endocrine), risposta cardiovascolari (azione vasodilatatoria e ipotensiva della pressione alta), regolazione proliferazione cellule neoplastiche (regola il processo di proliferazione cellulare, base della crescita dei tumori), percezione del dolore e gratificazione (sensibilità agli stimoli dolorosi e piacevoli), funzioni cognitive superiori (attenzione, apprendimento, memoria, emozioni, capacità di decidere e controllo del comportamento), controllo motorio (coordinamento, mantenimento posturale ed equilibrio), neuroprotezione (protegge il Sistema Nervoso Centrale da stimoli e inibizioni eccessive), sviluppo cerebrale (sviluppo neuronale e controllo della plasticità sinaptica, la capacità del sistema nervoso, cioè, di modificare l’efficienza funzionale delle connessioni tra neuroni), modulazione immunitaria (attività immunomodulatoria e infiammazioni), funzioni sessuali e fertilità (maturazione degli spermatozoi, funzione ovarica, libido) e gestazione (attecchimento dell’embrione e regolazione nei primi tre mesi di gravidanza).

A questo punto, il capo del Dipartimento delle Politiche Antidroga, il dottor Serpelloni, probabilmente uno al quale, come per Giovanardì, l'avrebbero prescritta ancora, non fosse mai stata illegale, anziché abbandonarsi a frasi all'apparenza ispirate dall'alcol come “chi semina cannabis raccoglie eroina”, con il rischio di disorientare i più giovani, dovrebbe semplicemente limitarsi alla realtà. Chi semina cannabis raccoglie cannabis, se fortunato e bravo, e se poi decide di consumarla, sappia che la cosa, con maggiore enfasi di quella generata dai cannabinoidi prodotti dal corpo, immette nell’organismo una sostanza farmacologica con azione sugli ambiti vitali appena elencati e pertanto dovrebbe farlo con cautela, se c'è un motivo medico.

Potrebbe, per esempio, sensibilizzarti le viscere e farti diventare vegetariano, oppure sistemarti la postura (vedi chi si alza dalla carrozzella con la sclerosi multipla) e donarti il controllo del comportamento rendendoti non violento. I Rastafariani, per esempio, arrivano a controllare il corpo in modo incredibile, fino a compiere ogni gesto spiritualmente.

Gli ambiti toccati dalla cannabis sono talmente tanti che si capisce come mai la cannabis funzioni meravigliosamente in una gamma incredibile di malattie, facendoci intuire il perché durante la storia la marijuana fosse considerata la miglior erba terapeutica.

Quando può servire, quindi, i fitocannabinoidi della pianta possono aiutare il corpo nel mantenimento dell'equilibrio tanto utile per una vita sana. Un Sistema Cannabinoide Endogeno in deficit può portare alla percezione di dolori, mentre uno che produce cannabinoidi in eccesso a psicosi, e in entrambi i casi la cannabis adeguata all'esigenza può aiutare. Se il Sistema Cannabinoide Endogeno è in deficit per mancanza di cannabinoidi, deduco, come in caso di dolori cronici (una persona con dolori si muove meno e produce meno endocannabinoidi), ciò potrebbe portare a perdere il controllo del proprio comportamento e rendere il soggetto arrabbiato (classico: la persona dolorante che bestemmia). A questo punto, l'apporto di cannabis nelle giuste dosi, può riportare equilibrio interno, attenuare il dolore e ridonare il controllo del comportamento e il buon umore.

Tutto ciò in conformità con i precetti non scientifici, ma basati sull'osservazione, degli antichi induisti, che credevano nella bontà dei consumatori di bangh (una bevanda a base di latte e canapa). Ovviamente ciò spiega anche come mai la cannabis, tornado alle ricerche sui rapporti di coppia, non determini un aumento delle ostilità tra i coniugi.

Il fatto, però, che agli italiani piaccia la gente cattiva, quello è un altro problema, forse basato su un Sistema Cannabinoide Endogeno di massa in deficit, a causa della repressione cattolica. Avanti dritta, quindi, fino a quando l'Italia non diverrà la Giamaica del Mediterraneo.

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