Cannabis Leggera, Processo Pesante

Fabrizio Dentini
03 Nov 2021

Secondo il Procuratore di Parma che lo vuole mettere fuorigioco, Luca Marola è la "macchina del consenso, capace di propagare l’equivoco sulla liceità della canapa light influenzando opinione pubblica, politica, mass media, istituzioni e magistratura". Sotto processo per aver sottolineato, con la nascita di Easyjoint, le contraddizioni della legge sulla filiera della canapa, oggi, l’imprenditore ed attivista parmigiano rischia di vedere chiudere il suo percorso con la cannabis light, passando da esserne il pioniere nazionale ad esserne il principale imputato e capro espiatorio.


SSIT: Com’è possibile incriminare per traffico di stupefacenti un grossista di cannabis light?

La legittimità di questo tipo d’inchieste si trova nel problema originale: la legge è scritta così male che la si può interpretare sia in un modo che nel suo opposto. Inoltre, la sentenza della Cassazione del 2019 non chiarisce nulla e questo fa sì che un procuratore particolarmente reazionario possa, attraverso l’analisi di quella stessa legge, condiderare il fiore di canapa alla stregua di uno stupefacente mentre, a pochi chilometri di distanza, un suo collega possa considerare l’intero commercio come legale. La tesi dell’accusa sostiene che se il fiore di canapa non è destinato ad uno dei sei utilizzi tassativi presenti nella legge (la vendita al dettaglio non ricade in nessuno dei sei punti) allora il fiore è illegale e non protetto dalla legge sulla canapa. Questo è l’artificio giuridico per trasformare in droga un fiore che non droga per poi, nell’inchiesta e nel processo penale, trattare il fiore come stupefacente. Il che significa: sequestro preventivo, campionatura, misurazione e peso complessivo del THC, suddivisione in dosi droganti e distruzione di quanto sequestrato.

SSIT: Nello specifico di cosa sei imputato?

Sono imputato per spaccio perchè nel magazzino di Easyjoint detenevo circa 488.812 dosi droganti contenute in 646 kg di canapa, tutta o quasi, con il THC inferiore allo 0,2%. Il ridicolo è che per esser dose drogante e creare quindi l’effetto stupefacente, l’assuntore la dovrebbe assumere tutta insieme. Nel mio caso, una dose drogante è contenuta in circa 18 grammi di cannabis light: bisognerebbe farsi un cannone di 18 grammi e fumarselo tutto… Il Procuratore che mi accusa vuole fare giurisprudenza il che significa imporre la propria interpretazione di legge come unica e lo può fare a causa di una legge scritta male e di una sentenza di Cassazione ambigua. Ad oggi, la Procura di Parma ha inviato la sua teoria accusatoria ad una ventina di procure italiane affini per corrente politica e, nell’autunno scorso, ben 18 inchieste analoghe sono sbocciate in altrettante città e in un’intera regione, la Sardegna. Molti procuratori in conferenza stampa hanno fatto esplicito riferimento al «Modello Parma». L’errore che molti possono compiere è credere che l’inchiesta che mi coinvolge sia un problema mio o di Easyjoint. Al contrario questa potrebbe essere la prova generale per la distruzione dell’intero settore: si parte da Parma, si portano a processo gli indagati delle altre 18 città dove sono avvenuti i sequestri e, se si vince da qualche parte, si lancia l’offensiva in tutta Italia. Mentre io sono l’imputato, al banco degli accusati c’è la cannabis light e tutto il settore. E’ il momento che ognuno se ne renda conto ed agisca di conseguenza.

SSIT: Che tipo di approccio difensivo hai deciso di scegliere?

La Procura di Parma rappresenta il proibizionismo nella sua essenza. Un’ideologia che non necessita di agganci con la realtà, ossessionata dalle droge che trova anche dove droga non c’è, senza alcun senso del ridicolo e del grottesco. L’approccio difensivo, oltre ad essere giuridico, è militante e scientifico al tempo stesso. Vorrei riuscire, insieme ai nostri avvocati, a creare un caso di scuola, un processo pilota capace, nel risultato, di fare definitivamente giurisprudenza e chiarezza e, nella struttura, di essere un modello. Cercheremo di portare la Scienza nell’aula giudiziaria, di educare ed istruire, di dare gli elementi di conoscenza minimi perchè sia lampante l’assurdità della teoria accusatoria che cerca di confondere un prodotto senza capacità drogante con uno che la tiene. Per fare tutto questo serve la collaborazione e la vicinanza di tutti. Per invitare in udienza i migliori scienziati e ricercatori, per mantenere l’attenzione mediatica vigile per l’intera durata del processo, per inchiodare alle proprie responsabilità chi ha devastato in due anni la principale azienda italiana di cannabis light, per trascinare l’Italia in tribunale e chiedere che i danni subiti ci vengano risarciti servono risorse economiche. E ingenti. Per questo abbiamo aperto una sottoscrizione popolare, a partire dal 30 settembre, sulla piattaforma ideaginger.it dal titolo Cannabis Leggera, Processo Pesante.

SSIT: Sembra che vi siano state delle pressioni da parte della Procura a livello di Camera di Commercio. Di cosa si è trattato?

La Procura ha capito, durante le indagini, che rappresento molto più di un semplice grossista di canapone. Dalle circa mille intercettazioni sbobinate è emersa la mia posizione centrale nella nascita e nello sviluppo dell’intera filiera e, proprio per queste ragioni, lo scontro è ben più profondo che una schermaglia processuale. Il Procuratore ci ha messo tutta la sua autorevolezza e si sta giocando la faccia; da questa parte ci giochiamo la vita stessa dell’intero settore. Chi perde, perde tutto e quindi, sono leciti tutti gli strumenti che disarticolino l’avversario, anche prima del processo. Le pressioni sulla Camera di Commercio perchè cancellasse il nostro oggetto sociale rendendo quindi la società inutilizzabile, anche in caso di nostra vittoria, rappresentano un atto di vandalismo giuridico. Oggi, a causa della pervicacia del Procuratore di Parma nel voler debellare questa pericolosa minaccia alla società, le camere di commercio dell’intera Regione negano la registrazione di nuove aziende aventi ad oggetto la commercializzazione di canapa e suoi derivati e, in caso di inchiesta giudiziaria, cancellano d’ufficio l’oggetto sociale come è capitato a noi.

SSIT: Credi o auspichi un coinvolgimento dei rappresentanti della politica?

Per ora sono una decina i parlamentari che hanno contribuito al Fondo Legale per il processo ed altri se ne stanno aggiungendo. Devo riconoscere che anche i colleghi imprenditori della cannabis light ed i grow shop mi hanno dedicato altrettanta solidarietà.

SSIT: Credi possibile la richiesta di un risarcimento per l’ingente danno commerciale provocato dalla Procura di Parma che ha portato la tua impresa al fallimento?

Ora sono concentrato nel preparare un processo perfetto e le mie energie sono dedicate a far conoscere questa storia e raccogliere fondi attraverso il crowdfunding. Siamo stati obbligati alla chiusura da due anni e questo processo potrebbe costarci fino a 80 mila euro che non abbiamo. La Procura ha sequestrato e distrutto l’intero nostro magazzino per un valore commerciale di quasi 2 milioni di euro. Ci serve l’aiuto di tutti…

SSIT: Se da una parte il THC è imputato con Marola in questo processo kafkiano, dall’altra, ricordiamo che il Ministero della Salute, sul finire del 2020, aveva previsto un decreto, adesso sospeso, che avrebbe dovuto classificare il CBD come narcotico. Cosa pensi di questa attitudine ministeriale?

Il THC, se è imputato, non si è presentato…La nostra cannabis light era, per la maggior parte, sotto lo 0,2% … Imputato con me è il fiore di cannabis, a prescindere dalla sua capacità di far sballare. E’ già la sola idea della cannabis ad essere intollerabile per il proibizionista militante, nella politica o nella magistratura. Il tentativo di «appropriazione indebita» del CBD da parte di qualche azienda privata grazie ad un decreto ministeriale, fortunatamente sospeso, la dice lunga sullo stato di salute delle nostre istituzioni. Il decreto era il tentativo, per ora fallito, di un colpo di mano avente il duplice scopo di tagliare le gambe all’emergente settore della cannabis light e dei suoi derivati e, dall’altra, di sequestrare il CBD dandolo in mano solo a pochi soggetti privati. Fu il frutto avvelenato della convergenza d’interessi tra la parte più opaca delle nostre istituzioni, quella parte che sfugge al controllo pubblico, che è l’apparato dirigenziale ed i funzionari ministeriali e qualche portatore d’interesse. Non avendo in Italia una legge sulle lobby, sono spesso gli intrallazzoni che convincono, spostano, influenzano, manovrano, blandiscono senza alcun controllo pubblico. E d’altra parte, è doveroso ricordarlo, al Ministero della Salute sono incistati da decenni funzionari pubblici il cui principale scopo è far da tappo a qualunque riforma sulla cannabis, qualunque sia l’aggettivazione: light, terapeutica o ricreativa.

SSIT: A giugno scorso anche il Ministero dell’Agricoltura ha diramato una bozza di decreto sulle piante officinali dove veniva indicato che la coltivazione finalizzata allo sfruttamento delle infiorescenze avrebbe dovuto essere autorizzata dal Ministero della Salute. Otto mesi dopo il «Decreto Speranza» si ripete lo schema che mina la filiera della canapa light in favore dell’industria farmaceutica. E’ solo un problema di peso di pressioni lobbistiche contrapposte?

La bozza è stata ritirata grazie alla vigilanza di pochi osservatori antiproibizionisti e alla levata di scudi generale che ha portato il decisore politico ad aprire gli occhi ed accorgersi di cosa stava avvenendo sotto il suo naso. E siamo alle solite: funzionari e dirigenti ministeriali che lavorano con una propria agenda politica e si muovono nell’ombra, spesso all’insaputa dei politici, spesso influenzati da qualche portatore d’interesse. Il pericolo all’orizzonte è chiaro: soffocare qualunque futura fuga in avanti in stile Easyjoint, mettere sotto controllo il CBD trasformandolo con un colpo di penna in farmaco e creare una piccola filiera chiusa ed impenetrabile magari gestita da qualche amico e fare altrettanto con il fiore di canapa. Filiera chiusa, insomma, dalla produzione alla vendita al dettaglio. Autorizzazioni a pochi, le corporazioni dei tabaccai e di Coldiretti al tavolo dei commensali. Tutti gli altri fuori. Questo è quanto potrebbe a breve accadere sotto i nostri occhi.

 

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Fabrizio Dentini