Craxi-Jervolino-Vassalli: la nuova vecchia legge

Exitable
17 May 2014

Ora che il buon Carlone Giovanardi e l'ormai già eclissato Gianfranco Fini sono stati finalmente relegati alla damnatio mamoriae delle leggi italiane, quali sono le prospettive giuridiche che si aprono di fronte al vasto mondo dei consumatori e produttori di canapa? Di certo non si può parlare di depenalizzazione ma ora che la distinzione tra droghe pesanti e leggere è definitivamente caduta, possiamo almeno tirare un piccolissimo sospiro di sollievo. Vediamo perché.


Ora che il buon Carlone Giovanardi e l'ormai già eclissato Gianfranco Fini sono stati finalmente relegati alla damnatio mamoriae delle leggi italiane, quali sono le prospettive giuridiche che si aprono di fronte al vasto mondo dei consumatori e produttori di canapa? Di certo non si può parlare di depenalizzazione ma ora che la distinzione tra droghe pesanti e leggere è definitivamente caduta, possiamo almeno tirare un piccolissimo sospiro di sollievo. Vediamo perché.

Ora che il buon Carlone Giovanardi e l'ormai già eclissato Gianfranco Fini sono stati finalmente relegati alla damnatio mamoriae delle leggi italiane, quali sono le prospettive giuridiche che si aprono di fronte al vasto mondo dei consumatori e produttori di canapa? Di certo non si può parlare di depenalizzazione ma ora che la distinzione tra droghe pesanti e leggere è definitivamente caduta, possiamo almeno tirare un piccolissimo sospiro di sollievo. Vediamo perché.

Quando una legge vigente viene cassata per mancato rispetto dei principi costituzionali, o ce n'è una nuova nuova subito pronta a sostituirla, oppure si ritorna alla norma precedente. Dato che il nostro Parlamento è, come si suol dire, “in tutt'altre faccende affaccendato” dallo scorso 12 febbraio, per quanto riguarda la regolamentazione delle sostanze stupefacenti, siamo tornati indietro di 24 anni.

La legge Craxi-Jervolino-Vassalli, meglio conosciuta come Testo Unico sulle Droghe, è stata promulgata il 9 ottobre 1990 e, già allora, era stata considerata dal mondo antiproibizionista e dai giuristi più attenti una legge ingiusta e liberticida, tant'è che venne modificata e conseguentemente ridimensionata con il famoso referendum del 1993. 

Gli storici del diritto ricordano come quella legge fosse in realtà ascrivibile al patron di San Patrignano, quel Vincenzo Muccioli indimenticato e instancabile gestore di comunità di recupero e figura decisamente controversa – ancora oggi si parla delle violenze e delle costrizioni che dovettero subire i “ragazzi” di Muccioli in nome della riabilitazione dalla tossicodipendenza –, che la volle fortissimamente. La Craxi-Jervolino-Vassalli fu anche sponsorizzata dall’allora capo del governo socialista che ci teneva a dare l'immagine di tolleranza zero verso il crimine – e poco importa che di lì a poco avrebbe dovuto scappare dal paese e dai cittadini infuriati per i suoi ladrocini, per finire i suoi giorni da latitante (per gli estimatori da “esilato”), ad Hammamet in Tunisia, ospite del locale dittatore, il generalissimo Zine El-Abidine Ben Ali.

Dati i sopracitati presupposti fu normale e naturale che il risultato di questo brainstorming fosse una legge fortemente liberticida, tanto che ai tempi un terzo dei detenuti era in quella condizione per le condanne rimediate grazie a quella legge. Con le modifiche apportate dal duo Fini-Giovanardi si è arrivati a un picco di detenuti per droga di 27.459 nel 2011 e, secondo gli esperti, i detenuti per reati legati alle droghe leggere sono il 40% di quelli attualmente in carcere.

Oggi si torna quindi al vecchio regime e questo comporta in primis una riduzione delle pene per il possesso e anche per lo spaccio di hashish e marijuana. Prima la pena prevista andava dai 6 ai 20 anni per il possesso di qualunque sostanza, ora la pena per il possesso di droghe leggere oltre i limiti concessi per il consumo personale torna a essere compresa tra i 2 e i 6 anni. Una differenza non da poco perché, grazie ai vari indulti e condoni che sono stati approvati negli ultimi anni, la condanna minima (entro i 3 anni) non porta sistematicamente alla pena detentiva. Torna anche l’istituto della “lieve entità”, che riguarda quantità che eccedono di poco il consumo personale e una generale situazione personale lontana dai canoni delinquenziali. Nel caso della cannabis, questo potrebbe portare a reclusioni abbreviate fra i sei mesi e i quattro anni. 

Cambia poi anche il regime della detenzione per uso personale, quello depenalizzato dal referendum del ’93, che non è più “esclusivo” ma può essere, in linea teorica, anche di gruppo. Uno dei paletti più controversi posti dalla Fini-Giovanardi era infatti quella di indicare come penalmente rilevante tutto ciò che andava oltre “l'esclusivo consumo personale”, con la conseguente stretta repressiva nei confronti anche dei consumatori più morigerati e attenti che avevano invece beneficiato delle modifiche apportate dal referendum del 1993. Con quella consultazione popolare, infatti, la giurisprudenza e la prassi tendevano a lasciare fuori dal circuito penale i consumatori, anche se detentori di dosi superiori al vago limite quantitativo che segnava la sottile linea tra uso personale e spaccio, valutando attentamente le circostanze prima di decidere se gli imputati fossero effettivamente spacciatori oppure semplici consumatori che, passatemi il termine, preferivano acquistare con prezzi da ingrosso. 

In linea teorica, l'ammissione dell'acquisto di gruppo lascia poi un margine giurisprudenziale per avvallare l'istituzione dei Cannabis Social Club, per ora solo a scopi medico-curativi, viste le aperture di molte Regioni. In linea ancor più teorica e strizzando l'occhio all'ottimismo più sfrenato, potremmo dire che che ci sono i presupposti legali per legiferare sulla possibilità di Cannabis Social Club anche per lo scopo meramente ludico. Ma purtroppo è ancora troppo presto per sbilanciarsi e, nonostante vagonate di sondaggi d'opinione facciano intendere che il popolo italiano è pronto per affrontare in modo maturo il tema della depenalizzazione (o addirittura di una completa legalizzazione), dal versante della politica i segnali non sono del tutto incoraggianti.

Come tutti sappiamo la Fini-Giovanardi è stata invece più che clemente nell’abbassare il minimo della pena per spaccio di droghe pesanti da 8 a 6 (ora tornerà a 8), perché di fatto l’equiparazione permetteva di condannare alla galera certa anche gli spacciatori, veri o presunti, di droghe leggere. A Giovanardi piaceva definire gli spacciatori “mercanti di morte” ma è impossibile negare che agli spacciatori di droghe pesanti non fosse stato fatto un grosso sconto con la legge che fortunatamente ci siamo lasciati alle spalle. 

Il problema che comunque resta è che, ora come allora, un consumatore trovato in possesso di una quantità anche di poco superiore al limite consentito – limite che, ricordiamolo, non è quantificato in grammi ma ancora nella misura della percentuale di principio attivo contenuto – può essere comunque incriminato per spaccio. Lo spettro di una condanna non svanisce, basta qualche decina di grammi per incorrere in una condanna che, anche se non porterà quanti giudicati colpevoli in carcere, diventerà comunque un precedente, andando a sporcare irrimediabilmente la fedina penale del condannato. 

E non evapora neppure lo spettro delle altre sanzioni amministrative che, è bene ricordare, non sono legate a circostanze tipiche. Ad esempio la patente ai conducenti colti alla guida sotto effetto di sostanze stupefacenti la tolgono comunque in virtù di una legge che riserva pene precise e pesanti a chi guida in quelle condizioni. Test clinici, esami delle urine e del capello restano e restano sempre interamente a carico dell'accusato. Così come resta la possibilità di togliere il porto d'armi e il passaporto sulla base dell'inasprimento delle pene previste a seguito delle revisioni del Codice della strada, l'ultima delle quali è stata convertita con decreto legislativo lo scorso ottobre.

La limitata portata del quesito referendario del 1993 ha lasciato infatti intonsa la possibilità di erogare sanzioni amministrative e i legislatori del 2006 vi si sono infilati con entusiasmo, ma la sentenza della Consulta del 12 febbraio non risolve il peccato originale della legge del 1990, che è quello di essere una legge comunque proibizionista, socialmente inutile e indubbiamente criminogena come tutti i proibizionismi. E ben poco hanno potuto nel limitare i danni, le pezze messe nel tempo dalle corti superiori che, in un'evidente schizofrenia, sono state costrette a sentenziare caso per caso. 

Per tutti quelli che in questi 8 anni hanno subito penalmente gli effetti della vecchia legge sulle droghe si apre ovviamente la possibilità di un ricorso, che verrà sfruttata di certo da un sacco di persone. Si presume che l’effetto sarà molto impattante sulle carceri italiane (circa 10.000 persone dovrebbero esserne toccate immediatamente e, presumibilmente, lasciare la galera), con più di un quinto dei detenuti che scontano pene relative alla Fini Giovanardi. I giudici di sorveglianza valuteranno le situazioni caso per caso e, chiaramente, ci sarà un effetto anche sui procedimenti ancora in corso. Ma, anche in questo caso, è purtroppo ancora troppo presto per esprimersi con dati certi.

Ed ora una botta di realismo: la decisione della Corte Costituzionale potrebbe portare alla liberazione o a sconti di pena per migliaia di persone semplicemente perché il numero dei consumatori di droghe leggere è molto superiore e ridurre le pene, per dare un’idea l’indagine 2013 sulla popolazione studentesca (su un campione di 34.385 soggetti di età compresa tra i 15-19 anni) ha rilevato le seguenti percentuali di consumatori (una o più volte negli ultimi 12 mesi): cannabis 21.43%, cocaina 2,01%, eroina 0,33%, stimolanti metamfetamine e/o ecstasy 1,33% e allucinogeni 2,08%. Se anche le condanne per le droghe leggere finiscono per ridursi, il loro numero resterà comunque imponente nei confronti delle condanne legate ad altre sostanze.

Certo questi sono numeri che rendono evidente la dimensione del fenomeno che queste leggi criminalizzano. Un fenomeno che si riassume nel consumo di massa di una sostanza nota per essere molto meno nociva e pericolosa di altre in libera vendita, gli alcolici su tutti, che viene criminalizzato fuori da ogni logica sulla base del puro e semplice pregiudizio ideologico. I cavalli di battaglia di politici come Giovanardi sono vecchi ronzini sui quali in Italia si continua a puntare per mancanza di valide alternative. Gli assunti per cui la cannabis è una sostanza in grado di portare danni irreversibili alla salute fisica e mentale di quanti la consumano sono stati abbandonati persino dai grandi alfieri americani del proibizionismo. Fenomeno che è nato proprio negli Stati Uniti e che Washington ha fatto di tutto per imporre al resto del pianeta, arrivando a dichiarare la War on Drugs – che probabilmente era un pretesto per coprire attività ancora meno presentabili – ma che oggi comunque è stata dichiarata persa e inutile praticamente da tutti, dall’ONU in giù. Tanto che persino negli Stati Uniti è partita la corsa alla legalizzazione della cannabis, unica soluzione razionale e sensata.

E per quanto riguarda la coltivazione? Anche secondo la Craxi-Jervolino-Vassalli l'autoproduzione è una condotta penalmente rilevante e, data la quantità media di prodotto ricavabile, rimane sempre la regola aurea per cui basta una pianta per essere imputati (e solitamente condannati) per il reato di spaccio. Verrebbe proprio da dire “mai una gioia!”. L'unica scappatoia grazie alla quale si potrebbe eludere una condanna in questo senso, potrebbe essere quella appellarsi al principio della “lieve entità” di cui dicevamo sopra. Dimostrando in modo inattaccabile che la pianta (parliamo sempre al singolare) è coltivata al solo ed esclusivo scopo del consumo personale e fornendo prove tangibili di non appartenere ai circuiti delle narcomafie, né di far parte di associazioni atte a delinquere, allora si potrebbe pensare di sfangarla con una reclusione di un anno – per effetto dell'amnistia del 2006, infatti, i primi tre anni della pena comminata vengono automaticamente scontati.

Da quello che avrete potuto leggere fino ad ora, quindi, non c'è propriamente molto di che gioire. C'è però margine per sperare che, dopo l’intervento della magistratura, sia la volontà politica del parlamento ad esprimersi concretamente e a tappare i buchi che questa nuova vecchia legge lascia comunque scoperti. Di sicuro ci sono degli interventi che saranno necessari per dare una definizione più precisa della quantità intesa come d’uso personale, ma non si può dire in che misura questi saranno immediati. La strada della depenalizzazione completa sembrerebbe concretamente percorribile e le proposte non mancano, come abbiamo visto in questi ultimi mesi.

“Giovanardi, pesa di più un grammo di erba o un grammo di fumo?” hanno chiesto le Iene. “Non son mica un tossicologo” la risposta. Vogliamo ricordarlo così il nostro Carlone, nella speranza di non sentire più parlare di lui o di non sentirlo più parlare. Fate vobis. Almeno questa è davvero una buona notizia!

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