Il mio piccolo indoor

Exitable
05 Dec 2014

La scelta di autoprodursi una buona fumata è sempre la scelta migliore, anche negli Stati in cui  esistono coffee shop e locali dediti alla vendita legale di cannabis e derivati. Coltivare fiori permette di avere un prodotto qualitativamente più alto, inoltre l’investimento iniziale non è mai esageratamente grande e soprattutto si ripaga da solo al primo raccolto. Per sottrarre soldi alle narcomafie servono poche centinaia di euro e del tempo da dedicare quotidianamente alle piantine, perché senza costanza non si possono seguire degli esseri viventi. 


La scelta di autoprodursi una buona fumata è sempre la scelta migliore, anche negli Stati in cui  esistono coffee shop e locali dediti alla vendita legale di cannabis e derivati. Coltivare fiori permette di avere un prodotto qualitativamente più alto, inoltre l’investimento iniziale non è mai esageratamente grande e soprattutto si ripaga da solo al primo raccolto. Per sottrarre soldi alle narcomafie servono poche centinaia di euro e del tempo da dedicare quotidianamente alle piantine, perché senza costanza non si possono seguire degli esseri viventi. 

La scelta di autoprodursi una buona fumata è sempre la scelta migliore, anche negli Stati in cui  esistono coffee shop e locali dediti alla vendita legale di cannabis e derivati. Coltivare fiori permette di avere un prodotto qualitativamente più alto, inoltre l’investimento iniziale non è mai esageratamente grande e soprattutto si ripaga da solo al primo raccolto. Per sottrarre soldi alle narcomafie servono poche centinaia di euro e del tempo da dedicare quotidianamente alle piantine, perché senza costanza non si possono seguire degli esseri viventi. 

L’investimento per cominciare è sempre da raffrontare alla resa. Ad esempio, un misuratore di EC andante costa circa 50 euro ma controllando l’EC si aumenta la resa anche notevolmente. Risparmiare sul set up significa, a conti fatti, raccogliere di meno. Una pompa osmotica e un misuratore pH/EC sono almeno 200 euro di spesa ma il raccolto sarà più copioso, senza paragoni. Questo significa che con 200 euro di spesa iniziale in più, è possibile arrivare a raccogliere quantitativi che, altrimenti, sarebbero costati migliaia di euro al mercato nero. 

Prendendo un prezzo medio di strada è facile, facendo due conti, rendersi conto di che risparmio enorme si genera producendo da soli la cannabis. Anche un novellino con pochi soldi a disposizione troverà soddisfazione nell’autoproduzione, per la qualità imparagonabile e, come abbiamo detto, anche per la quantità. Purtroppo però in Italia è illegale coltivare cannabis: mentre ci sono Paesi europei che ammettono la piccola coltivazione casalinga, qui nel belpaese per ottenere una fumata sembra obbligatorio doversi rivolgere alla malavita, rischiando il carcere, in contesti di fortissimo degrado sociale.

La situazione è triste ma è questa e di certo non cambieranno le leggi dall’oggi al domani, però a me piace credere che più saremo informati meno ci prenderanno in giro. Ovviamente una coltivazione commerciale su larga scala non è neanche da considerare nella nostra nazione, per quello ci sono altri posti nel mondo dalle idee ben più illuminate e dove i professionisti della coltivazione commerciale possono esercitare la loro sapienza al meglio, senza rischiare di ritrovarsi in una cella di tre metri per tre con stupratori ed assassini.

Dovendo coltivare, per autoconsumo, in un Paese dove non è molto ben tollerato il nostro hobby, il compromesso da cui partire è il rischio di essere scoperti – e quindi di dover subire un procedimento penale per produzione finalizzata allo spaccio – confrontato con la resa in termini di qualità e quantità. Insomma l'equazione perfetta per l’autoproduzione deve sempre coniugare un basso rischio penale con una soddisfacente resa ma non è difficile arrivare al giusto compromesso.

Quante volte capita di sentire basse rese, oppure invece di rese alte ma non per l’investimento fatto, oppure ancora si sente spesso di giovani con ottimi set up e rese qualitativamente pessime. Per non parlare di quelli che consumano kiloWatt di energia elettrica e hanno rese inferiori al grammo per Watt. Molti growers iniziano entrando in un growshop a caso e chiedendo al commesso di turno: personalmente consiglio di chiedere al negoziante se – e solo se – lo si conosce e ci si fida, altrimenti è facile ritrovarsi a seguire una tecnica di coltivazione non desiderata. I growshop, quando non si conosce personalmente il commesso, sono e devono rimanere dei negozi dove rifornirsi ma i consigli è meglio chiederli a chi ne sa e ha già esperienza, come ad esempio sui forum su internet. In Italia abbiamo tanti ottimi growshop ma purtroppo non sempre il commesso ha il tempo da dedicare ad ogni cliente e così talvolta si trovano a dover sbolognare i clienti in maniera sbrigativa. Io conosco molti growshoppari bravissimi e preparatissimi ma se dovessero insegnare a coltivare a chiunque, allora aprirebbero una scuola e non una rivendita di articoli per il giardinaggio.

Solitamente il grower alle prime armi pensa prima di tutto ai grammi e al numero di piante coltivate, ma se come risaputo non è il numero che conta, perché continuare imperterriti su questa strada? L’approccio il più tecnico-scientifico possibile è basato sul fattore limitante. Niente di nuovo, ogni cosa rende al massimo del suo fattore limitante, cioè quel parametro ambientale (chimico o fisico) la cui assenza o la cui presenza risulta determinante per lo sviluppo biologico della popolazione di un ecosistema. Ad esempio, se integrando con anidride carbonica il mio growbox la quantità di luce rimane la medesima, non avrò nette differenze rispetto a prima, in quanto la luce risulta scarsa per le mutate condizioni chimiche. La luce in questo caso funge da fattore limitante dell’utilizzo della CO2 da parte 

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