La città della Cannabis

Soft Secrets
03 Nov 2017
Nipton è una delle tante cittadine fantasma che spesso popolano le descrizioni del Far West. Sorta durante la corsa all’oro di un paio di secoli fa nella contea di San Bernardino, in California, sul confine nordorientale della riserva nazionale del Mojave, è un centro abitato che attualmente conta meno di 40 abitanti e si trova pochi passi dal Nevada, in quella che si potrebbe definire “terra di nessuno”. Una cittadina precedentemente nota per le sue vendite record di biglietti della lotteria e per gli hub di energia solare, che è ora assurta agli onori delle cronache in quanto nuovo eletto paradiso per tutto quello che è “green”, cannabis soprattutto. Dopo 5 anni passati languendo sul mercato al prezzo di vendita di 5 milioni di dollari, l'area non incorporata (in lingua inglese unincorporated area che, nell'ambito del diritto amministrativo, è una specifica regione geografica o parte di territorio che non fa parte di alcuna municipalità, distretto o contea ed è priva quindi di personalità giuridica) ha finalmente trovato un nuovo proprietario in American Green, una compagnia specializzata in tecnologie inerenti la cannabis, che se l’è aggiudicata per soli 2 milioni. Con un’area di circa 50 ettari, un parcheggio per caravan, un piccolo hotel ad un paio di negozi, presto la cittadina verrà trasformata in un centro specializzato nella produzione, nel commercio, nell’innovazione e nello studio della cannabis. La città della Cannabis Stephen Shearin, consulente di American Green e general manager del “Nipton project”, ha spiegato in un’intervista alla rivista statunitense Forbes che l’obiettivo della compagnia è quello di creare uno spazio urbano autosufficiente a 360 gradi, in cui sperimentare a pieno la cultura e la coltura della cannabis. Un progetto ecosostenibile già iniziato dal precedente proprietario, il geologo Gerald Freeman, che negli anni ’70 fuggì da una Los Angeles in crisi energetica per creare un luogo alimentato grazie a fonti rinnovabili. Grazie ai suoi sforzi, la vicina centrale solare di Nipton ora produce circa metà dell’energia necessaria a far funzionare il piccolo hotel e la drogheria e a supportare i pochi residenti e i radi visitatori che ogni tanto si imbattono nella cittadina. Grazie anche alla struttura stessa della proprietà (e ai suoi spazi ampi spazi), i nuovi proprietari avranno anche la possibilità di aggiornare e ampliare i metodi di Freeman per la conservazione delle risorse energetiche nella città deserta. Shearin ha affermato che, mentre il progetto è ancora in fase di sviluppo, la società spera di gestire anche l'acqua della falda acquifera di Nipton sia per la produzione di cannabis sia per l'approvvigionamento degli ospiti, utilizzando le sabbie desertiche naturalmente inclinate della proprietà, che possono integrare qualsiasi sistema di filtraggio esterno. America Green vuole creare una realtà in cui la coscienza ecologica sia une delle prime cose a essere sperimentata. Shearin ha infatti detto a Forbes: "Non saremo draconiani, non imporremo docce di 30 secondi ai nostri ospiti: vogliamo però trovare un equilibrio tra l’essere ospitale e il mostrare alle persone come utilizzare queste risorse e soprattutto come fare a non sprecarle". Indicando i non così lontani vicini di casa, il project manager ha aggiunto: “Non per denigrare Las Vegas, ma è un ottimo esempio di cultura opposta a ciò che vogliamo creare. Proprio in fondo alla strada, è possibile sciacquare la toilette tre volte perché un solo capello è caduto in essa e nessuno si scandalizza ma qui a Nipton vogliamo cogliere l'opportunità di insegnare alle persone come riciclare e conservare, mostrando i risultati che possono essere raggiunti attraverso una pianificazione ragionata”. Shearin ha fatto notare che l’azienda non vuole deviare turismo da nessuna delle città vicine che fanno affidamento su di esso, né vuole imballare il sito ogni giorno con migliaia di visitatori ma punta invece ad offrire invece un nuovo e unico punto di arrivo lungo il percorso che collega due delle strade più grandi della regione. “Quando i visitatori arriveranno, l'idea è quella di offrire loro una “cannbis experience” piacevole, educativa e completa – ha spiegato il project manager – sia che si tratti di un pasto, di ottenere informazioni sulla cannabis per lo yoga (o per il dolore, o per l’uso ricreazionale, o per la coltivazione domestica), oppure di effettuare un tour degli impianti tecnologici attivamente in uso”. La città della Cannabis È anche grazie a questa offerta combinata di pratiche, di ricerca, di istruzione e di ospitalità che Shearin ha definito il sito futuro come EPCOT (Experimental Prototype Community of Tomorrow) ovvero un prototipo sperimentale delle comunità del domani, piuttosto che confrontarlo con i famosi parchi a tema statunitensi. Shearin ha spiegato infatti: “Vogliamo che la gente capisca che si tratta di un progetto serio, con un'attenta pianificazione aziendale e di comunità dietro di esso, e non un parco di divertimenti dove vendere meglio un determinato prodotto”. “Siamo davvero entusiasti di utilizzare la proprietà per avere delle attività di lavoro e di intrattenimento in cui le persone possono sperimentare la storia e le opportunità naturali della zona, mentre accedono a un'esperienza positiva con la cannabis e hanno la possibilità di vedere con i propri occhi come funziona la filiera produttiva”. Nipton, insomma, vuole diventare un esempio virtuoso di come gli spazi cannabis-friendly abbiano in realtà il potere di risollevare intere comunità grazie all’innovazione. Shearin ha infatti affermato che lui e la sua squadra si sono dedicati prima di tutto ad un progetto di riqualificazione dell’area che prendesse in considerazione prima la comunità e solo in un secondo momento gli obiettivi veri e propri del progetto. “Stiamo invitando gli abitanti stessi a generare commercio ed inviteremo altri a generare le attività ausiliarie per sostenere queste persone, dimostrando che cosa può essere fatto per le comunità attraverso l'attenzione e un piano ben pensato”. Stando a quanto afferma American Green, questo progetto vuole onorare soprattutto i “guerrieri del 4.20”, ovvero quanti hanno combattuto per legalizzare e innovare l'industria negli ultimi decenni: i nomi dei pionieri sono già presenti nei programmi educativi pensati per l’eco-villaggio. “Siamo sempre stati sostenitori di questi individui - ha detto Shearin a Forbes - rendere disponibili i posti di lavoro a coloro che hanno subito condanne penali a seguito del lavoro fatto con la cannabis, fornire loro supporto come un vantaggio latente e dimostrando alle comunità che le persone condannate in passato stanno portando oggi enormi vantaggi alle loro comunità è certamente nel nostro interesse”. American Green si riconosce debitrice degli sforzi portati avanti dagli antiproibizionisti e vuole convogliare questi sforzi verso qualcosa che sembrava impossibile a coloro che sono stati puniti 50 anni fa, o 10 anni fa o anche ieri dalle leggi proibizioniste sulla cannabis. “Ancora oggi – spiega il project manager – vediamo purtroppo rifugiati della cannabis: pazienti o semplici consumatori che devono lasciare il loro domicilio a causa della pressione legale tutt’ora esercitata in certi Stati sulla pianta”. American Green sta anche considerando l’idea di aprire strutture in cui i pazienti possano ricevere cure a base di cannabis direttamente in loco: siano essi adulti o bambini malati di epilessia oppure persone che voglio liberarsi dalle tossicodipendenze (quelle vere) nel mezzo del deserto. “Sarebbe bello avere una struttura in cui le persone possono liberarsi dell’abuso di oppiacei mentre ammirano un paesaggio alla Star Wars” ha scherzato Robert Shearin. Fornire tali programmi servirebbe a riconoscere soprattutto il lavoro di coloro che sono arrivati prima di Green American nel campo della cannabis, ha detto Shearin. “Vogliamo offrire il meglio di quello che hanno creato in medicina e prodotti eccellenti per uso adulto, così come l'istruzione e le informazioni per tutti coloro che vogliono approfondire questa materia. Vogliamo aiutare le persone a imparare, a capire cosa è esattamente sativa, cosa è indica, che cos’è un profilo cannabinoide e come mescolare le genetiche. Perché purtroppo, ancora oggi la maggior parte delle persone non lo sa”. Shearin ha detto che la società prevede di sviluppare un piano dettagliato dei lavori nei prossimi due mesi e ha già iniziato a considerare dove le sue strutture commerciali, residenziali e di ricerca saranno posizionate. A seconda della legislazione federale, della California e della contea di San Bernardino, nei prossimi mesi e anni, American Green spera anche di coinvolgere presto altre società e affiliati che vorranno partecipare alla comunità o approfittare delle sue tecnologie disponibili per la produzione e vendita di cannabis. Mentre i piani e le leggi continuano ad evolversi, tuttavia, l'azienda si aspetta di mantenere i propri sforzi di produzione incentrati sul cannabidiolo (CBD), il principio attivo legalmente più ammissibile e sulle cui proprietà terapeutiche il cannabusiness sta investendo (e generando) milioni di dollari. Stando a quanto affermato da un comunicato stampa aziendale, “il progetto si concentrerà prima di tutto sulla produzione di acqua contente CBD, che sarà distribuita inizialmente solo in California”. Ma supponendo che la vegetazione prima o poi comincerà a sbocciare anche in questa parte del deserto, l'attenta pianificazione e i programmi innovativi messi in moto per il nuovo eco-villaggio di Nipton, lo rendono già un ottimo posto da visitare. di Giovanna Dark
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