L'altro lato del narcotraffico

Soft Secrets
07 Jan 2011

Era il 1984 quando ho cominciato a fumare: avevo 13 anni. Frequentavo gente un po' più grande di me, ed ho iniziato così anche se le sigarette non le fumavo ancora...


Era il 1984 quando ho cominciato a fumare: avevo 13 anni. Frequentavo gente un po' più grande di me, ed ho iniziato così, anche se le sigarette non le fumavo ancora...

Era il 1984 quando ho cominciato a fumare: avevo 13 anni. Frequentavo gente un po' più grande di me, ed ho iniziato così, anche se le sigarette non le fumavo ancora...

 

 

Comincia così il viaggio di questo mese nell'altra faccia del narcotraffico. Il lato dell'esperienza diretta, del pane al pane e del vino al vino. Perché lo spacciatore è una figura sociale che vive in un mondo sociale, un broker con le giuste conoscenze, che a domanda risponde con l'offerta. Operatore di un mercato che essendo illegale produce un gran giro di affari sommersi, di soldi facili, correndo però, è utile ricordarlo, spesso il rischio della galera. Una galera che molto difficilmente vale la candela di quanto guadagnato con lo spaccio. Un salto a piedi pari nel mondo del commercio, smazzo, distribuzione, approvvigionamento e traffico di cannabis. Il narcotraffico visto dall'interno e lo stereotipo del delinquente che vacilla e cade, inerte, come le voci di sottofondo che intonano un ritornello ormai desueto. Che non è più il tempo di ascoltare. In questa società drogata, chi traffica stupefacenti, diventa allora il mediatore di un bisogno diffuso trasversalmente, di una necessità ineludibile di affrontare la realtà, di smorzarne le psicosi e attraversarne le laceranti contraddizioni con la forza di riconoscere la propria debolezza, il bisogno, umano troppo umano, di dover inquinare un'esperienza di vita, a tratti intollerabile, frustrante o forse semplicemente noiosa e conformista, con una boccata di fumo che rallenti il tempo della malinconia, che restituisca il rilassamento delle membra dopo una giornata di lavoro o la serenità del pensiero dopo le battaglie quotidiane. Non la verità esclusiva e superba, attenzione cari lettori, ma un punto di vista, un semplice punto di vista, concreto, sincero ed indispensabile ad avvilire la costruzione univoca dello spacciatore come assassino della gioventù. L'altra faccia del narcotraffico: occhi negli occhi con il nostro spacciatore.

 

SSIT:Come ricordi i tuoi primi incontri con il mondo della droga?

Nella mia famiglia non si è mai parlato molto di droga. Essendo però il periodo in cui girava parecchia eroina, vedevo i tossici in giro e la cosa era piuttosto evidente. Era il 1984 quando ho cominciato a fumare: avevo 13 anni. Frequentavo gente un po' più grande di me, ed ho iniziato così, anche se le sigarette non le fumavo ancora. Come oggi, anche a quei tempi, mi era già molto chiaro il fatto che il fumare uno spinello fosse un qualcosa da fare di nascosto, di proibito, anche perché gli sbirri nella mia cittadina non è che avessero tanto da fare e anzi avevano giornate intere da dedicarci. E bisognava prestare attenzione. Visto che i pivelli sono i primi che vanno a cercare. I più semplici da incastrare e i più facili da prendere in giro.

Qual'era la realtà nella quale sei cresciuto? E quando hai cominciato effettivamente a muovere i primi quantitativi?

Beh, nei paesini piccoli come il mio (pura provincia made in Italy) dove abitano circa un 30 mila persone, i bar dove si ritrovavano le compagnie più balorde li conoscevano tutti. In paese la gente è sempre quella e i ragazzi cominciano a fare le loro esperienze. Seguendo i più grandi. Già a 16 anni avevi le prime panette di fumo in mano. Mi ricordo che il primo hashish che ho fumato era il Libano. Ai tempi c'era la qualità rossa o gialla. Era davvero proprio buono. A quei tempi, era il periodo della missione in Libano e siccome dove ci sono le guerre c'è sempre un grosso traffico fra chi resta e chi va, forse è questo il motivo per il quale girava quella qualità.

Negli anni '90 lo spaccio era roba da fruttivendoli: sacchi neri pieni d'erba con foglie e fusti, tutto compreso.

Noti delle differenze fra il mondo della spaccio di allora e quello di oggi?

Ai tempi c'erano un altro modo di spacciare rispetto ad oggi: eravamo dei pivelli e lo spaccio era più che altro da strada. All'aria aperta. Come ti ho detto la nostra compagnia si ritrovava in questo bar; fra di noi c'erano studenti, mezzi studenti che lavoravano anche, chi lavorava e basta e chi era senza lavoro. L'estrazione sociale era sicuramente popolare e la metà di noi era di origine meridionale. In poche parole succedeva che rifornivamo le altre compagnie e in generale chi passava per il nostro bar. Le quantità erano comunque molto piccole, si andava dalle 10 mila lire, alle 20, massimo alle vecchie mitiche 50 mila e davvero raramente si arrivava a di più.

Nella vostra compagnia giravano anche altre sostanze?

C'erano come ti ho detto anche ragazzi più grandi che già usavano eroina, acidi e altro ancora, ma noi, che eravamo più piccoli, schifavamo i tossici anche se poi a dire la triste verità, molti di noi lo sono diventati in prima persona. E tanti ci hanno lasciato le piume. Il tossico lo vedevi al bar che ti si addormentava di fronte al tavolino, le scene erano sempre quelle, la sigaretta in bocca che ti si spegne sulle labbra e ti fa ritornare di colpo alla realtà. Insomma, in generale, più crescevi e più giravi, più giravi e più gente conoscevi, più gente conoscevi e più storie ti venivano proposte quindi le cose si ingrandivano. Poco a poco, di giorno in giorno. Poi, lentamente sono subentrate in tutte le compagnie anche le altre sostanze. C'era la cocaina, droga da grandi e per chi aveva i soldi insomma, ed era soprattutto per un certo ambiente. Ricordo che anche i fasci erano per la coca. Poi abbiamo cominciato ad andare a ballare e lì nelle discoteche hanno cominciato a girare anche ecstasy ed MDMA. Sostanze chimiche per intendersi.

Ma fammi capire perché si comincia a spacciare non ancora maggiorenni, è un atto di che esprime disagio o che cosa?

E' molto semplice: se non lavori e non sei un figlio di papà non hai mai soldi e quindi capita di cominciare a spacciare solo per il tuo consumo, è un passaggio quasi automatico per farsi qualche canna. Vuoi fumare? Non hai i soldi per comprartelo e allora ti metti d'accordo con altri tuoi amici e lo acquisti a credito, per poi ripagarlo quando hai venduto tutto. Un etto di fumo lo tagliavamo a fettine, lo appiattivamo con la bottiglia e lo davamo via a stecchette. Ai tempi un etto di cioccolato lo pagavamo 300 mila lire e lo vendevamo a 6 mila lire al grammo. Fra i nostri clienti non era grande l'esperienza e così potevamo permetterci di dare allo stesso prezzo anche quantità minori. C'era chi lo faceva di più e chi di meno. Quello che ti rimaneva era il tuo fumo a gratis, che ti potevi permettere facendo da piccolo grossista per le compagnie più tranquille della tua.

E arriviamo agli anni '90...

Ci sono stati, verso la fine degli anni '80, due o tre anni in cui girava l'erba calabrese, quella rossa che rispetto al cioccolato era una manna. Lo spaccio era una questione a livello di fruttivendolo, chiarisco, in pratica ci davano i sacchi neri, proprio quelli dell'immondizia pieni di erba. Foglie e fusti, tutto compreso, mancavano solo le radici e c'era proprio tutto! In cinque sei amici ci siamo fatti prendere dalla cosa e abbiamo cominciato a farlo più seriamente e a ritirare quantitativi via via più grossi. Nello stesso periodo però, è entrata la roba di mezzo, con l'eroina e tutto si è complicato: io andavo ancora a scuola, all'istituto tecnico, indirizzo telecomunicazioni, ci sono andato sino ai 22 anni, anche se, fosse stato per me, avrei smesso con la scuola già a 14 anni. A quell'età infatti ho assaporato per la prima volta il sapore della libertà, cominciavo ad andare in giro solo, i telefoni cellulari non esistevano e quando uscivi, uscivi. C'è da dire che dall'altra parte, a differenza di adesso, tutti conoscevano tutti e se facevi qualche cazzata la tua famiglia lo veniva a sapere di sicuro. Quindi eravamo liberi, ma in un certo senso, controllati. Voglio sottolineare una cosa, che mi sembra importante parlando a livello di spaccio: in questo campo, in una città piccola, come era la mia, bastano tre o quattro infami, e anche di meno per rovinare tutto, ci vuole poco a fregarti se la gente parla. Ora ci sono le intercettazioni e sono periodi differenti. E poi un'altra cosa: secondo me il discorso che sono le compagnie che si frequentano a farti cominciare a drogare c'entra solo fino ad un certo punto. A me la droga piace e anche se siamo d'accordo che tutte facciano male (anche se bisogna dirlo con differentissime conseguenze), fra tutte le sostanze con le quali ho avuto a che fare, praticamente tutte le disponibili, non ho mai smesso di fumare. E probabilmente non lo farò nemmeno in futuro. Anche se per i consumatori di cannabis la vita è sempre più dura. Ti racconto un esempio, con dei miei amici due mesi fa, andiamo ad una dance hall, il proprietario della macchina, non beve tutta la sera, per paura dei controlli. Al momento di rientrare a casa finita la serata, ci ferma una pattuglia, lo fa soffiare per vedere se c'erano tracce di alcol, e zero non trova nulla ovviamente. Passano al controllo del tampone e risultato? In un quarto d'ora macchina sequestrata seduta stante insieme alla patente. Articolo 187 del codice della strada. In aggiunta sottratti 10 punti alla patente di guida. Ma che si tratta così un ragazzo che lavora? Siamo davvero sicuri che guidare dopo aver fumato una canna sia pregiudizievole della salute altrui? Che maniera è questa di fare le leggi?

Davvero incredibile, ma torniamo al centro del discorso, l'altro lato del narcotraffico...

Nel 1993/1994 si era aperta la strada per l'Olanda o per la ganja in Svizzera. Per fortuna, soprattutto, ci eravamo stufati della roba, anche se era dura da mollare. Quindi si è aperto un nuovo mondo. Un gran nuovo mondo: la legalizzazione dei coffee shops per noi era qualcosa di inimmaginabile, e 15 anni dopo, mi fa riflettere che in questo paese a cui piace negare l'evidenza sia sempre tutt'ora inimmaginabile. In 15 anni insomma, la questione legalizzazione è rimasta ferma a quando avevo vent'anni. Comunque negli anni ho sempre diversificato molto le persone che conoscevo, un po' seguendo il feeling e poi, devo ammettere, che stranamente quando ti sposti in altre città diverse dalla tua finisci in posti dove ti trovi a tuo agio che poi sono gli stessi che ti sei lasciato alle spalle e così cominci di nuovo a frequentare persone con le quali puoi fare storie assieme.

Che cosa rappresenta per te lo spaccio?

Premetto che io mi alzo nel cuore della notte tutti i giorni perché lavoro in un forno ed è questo che mi dà da vivere. Quindi non mi definisco uno spacciatore, io lavoro. Dopo questa premessa, per me lo spaccio è un modo per avere sempre da fumare quello che voglio io. Siamo sempre a rischio galera se vai a vedere, fobia o non fobia, gli sbirri più ti allarghi e prima di vengono ad acchiappare. E quelli come me, che non sono affiliati a nessuna famiglia, poi si devono risolvere tutto da soli. Comunque con lo spaccio vai in galera e non diventi ricco, io fondamentalmente lo faccio esclusivamente per fumare.

Dovessi esprimere un desiderio, cosa diresti ai nostri lettori dall'altro lato del narcotraffico?

Beh, francamente spero di arrivare a vedere quando sarà permesso di coltivare almeno tre, quattro piante in casa propria per uso personale. Un po' come succede in Spagna, paese molto simile al nostro, dove l'atmosfera di caccia alle streghe che c'è come qui in Italia, ma è solo un brutto sogno. Quel giorno sarà un giorno di festa per molti ragazzi e soprattutto per molti miei coetanei che tutta la loro giovinezza l'hanno passata rischiando la gabbia solo ed esclusivamente perché ci piace fumare. Quel giorno sarà fatto un passo avanti storico nella via che conduce alla maggiore libertà del cittadino nei confronti di uno stato, che ipocritamente dice di voler tutelare la nostra salute e poi, come rimedio, ti butta in galera anche sino a 20 anni. E questa è una barbarie che, con le conoscenze che ci sono oggi, non è più tollerabile.

Spero di arrivare a vedere quando sarà permesso di coltivare in casa propria per uso personale.

Mentre cala il sole il nostro amico ci lascia. La notte, la sveglia suonerà e incappucciato, si avvierà verso il forno a preparare il pane per la città e i suoi abitanti. Lui lo spacciatore. Lui il corruttore dell'integrità dei poveri indifesi ragazzi italiani. Lo spacciatore descritto dalla nostra legge: una figura mitica che solo un Fini e un Giovanardi hanno potuto decidere di convertire in male assoluto. Senza capirci nulla, buttando fumo negli occhi e negando le conseguenze sociali delle loro azioni. Quelle si, veramente criminali.
Vendere fumo ed erba in tempi di proibizionismo è molto rischioso, si rischia anche di rovinarsi. Chi decide di farlo se ne frega dell'umanitarismo che a fin di bene riempie le galere di gente normalissima, che non c'entra nulla con il mondo del crimine nella misura in cui è stato definito criminale l'uso di una sostanza non innocua, ma nemmeno astrusamente pericolosa, una pianta il cui unico crimine è quello di dare un po' di sollievo, seppur fugace e certamente non soluzione dei mali interiori, a chi, nauseato dall'orizzonte e da quel che viene dopo, cerca un approdo di riparo, durante i perigli della navigazione in questa vita, in questo paese. Se non del tutto giusto, quasi mai sbagliato. Umano, troppo umano.


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