Marijuana contro la degenerazione

Exitable
13 Jan 2014

Nel 1953 la Francia vietò l'uso terapeutico della marijuana, non perché pericolosa per la salute, ma in quanto così le venne detto di fare dagli americani. Ben 60 anni dopo, ha iniziato fortunatamente a risvegliarsi, giusto perché succede anche a qualcuno che le sta accanto, e così a settembre di quest'anno è stata posta la fine d'un divieto. Svegliarsi da un incubo durato 60 anni non è però facile, ci vuole del tempo, e nel frattempo gli interessi delle case farmaceutiche si sono radicati alle poltrone dei politici.


Nel 1953 la Francia vietò l'uso terapeutico della marijuana, non perché pericolosa per la salute, ma in quanto così le venne detto di fare dagli americani. Ben 60 anni dopo, ha iniziato fortunatamente a risvegliarsi, giusto perché succede anche a qualcuno che le sta accanto, e così a settembre di quest'anno è stata posta la fine d'un divieto. Svegliarsi da un incubo durato 60 anni non è però facile, ci vuole del tempo, e nel frattempo gli interessi delle case farmaceutiche si sono radicati alle poltrone dei politici.

Nel 1953 la Francia vietò l’uso terapeutico della marijuana, non perché pericolosa per la salute, ma in quanto così le venne detto di fare dagli americani. Ben 60 anni dopo, ha iniziato fortunatamente a risvegliarsi, giusto perché succede anche a qualcuno che le sta accanto, e così a settembre di quest’anno è stata posta la fine d’un divieto. Svegliarsi da un incubo durato 60 anni non è però facile, ci vuole del tempo, e nel frattempo gli interessi delle case farmaceutiche si sono radicati alle poltrone dei politici.

Il divieto sarà tolto a partire dal 2014 o, al più tardi, all’inizio del 2015, ma solo per poter commercializzare – come da quest’autunno succede anche in Italia – il Sativex, un farmaco prodotto dalla GW Pharmaceuticals, con pari quantità di THC e CBD (cannabidiolo) estratti dalla pianta. Pure ai politici francesi, cugini degli italiani, dopo anni di bende sugli occhi, la sola parola marijuana fa probabilmente tremare la carne sulle ossa, e così han deciso come per i peninsulari, che il Sativex sarà prescrivibile solo in caso di spasticità nella sclerosi multipla a placche. Sia chiaro che il Sativex funziona efficientemente per risolvere la spasticità della sclerosi multipla, e diversi studi scientifici lo dimostrano, ma altrettanto bene, se non meglio, secondo molti pazienti, funzionano i fiori di marijuana, per una maggiore complessità della sua azione, determinata dalla presenza di non solo due cannabinoidi, sebbene siano i maggiormente presenti nella pianta, come il THC e il CBD, ma pure di un altra sessantina in minor quantità.

Purtroppo, però, i nostri politici hanno ancora gli occhi troppo chiusi (sono all’inizio del risveglio, come quando al mattino la palpebra con la luce appena si apre, ma il chiarore all’occhio è troppo rispetto al buio della notte, e vien la tentazione di rimettersi a dormire) e ben lungi, mentalmente proprio, dal poter concedere l’auto-coltivazione a fini medici, figuriamoci per quelli ricreativi, salvo uno scatto mentale improvviso e inspiegabile dell’intera società.

Una cosa assurda, anche se ben accetta, è, per esempio, concedere il Sativex ai soli pazienti con sclerosi multipla e spasmi, come ebbi modo di sottolineare quando venne decisa la stessa cosa qui in Italia, perché la marijuana funziona anche negli stadi meno avanzati della sclerosi multipla e molto probabilmente, assunta fin dall’inizio o precedentemente il manifestarsi dei sintomi, può interrompere o rallentare il decorso della malattia senza far giungere agli spasmi.

Come evidenziato da uno studio pubblicato a luglio 2013 sulla rivista scientifica “Molecular Neurobiology” (Cannabidiol Normalizes Caspase 3, Synaptophysin, and Mitochondrial Fission Protein DNM1L Expression Levels in Rats with Brain Iron Overload: Implications for Neuroprotection), svolto dalla Pontificia Università Cattolica del Brasile, con la benedizione di Dio, quindi, è proprio il cannabidiolo (CBD) ad essere indicato come “una molecola potenziale salva memoria, con proprietà neuroprotettive da utilizzare nel trattamento dei deficit cognitivi osservati nelle malattie neurodegenerative”. Questo essenzialmente perché il CBD combatte gli eccessi di ferro nel cervello, tipici di malattie neurodegenerative come l’Alzheimer e il Parkinson. Eccessi di ferro, si deduce, causano la degenerazione del cervello. A questo punto ci si domanda quali siano gli alimenti più abusati della società proibizionista, se non quelli ricchissimi di ferro, come la carne, il pesce e le uova.

L’incredibile CBD sarebbe in grado di contrastare anche la degradazione al cervello collegata agli eccessi nel consumo d’alcol. A evidenziarlo, è uno studio (Transdermal delivery of cannabidiol attenuates binge alcohol-induced neurodegeneration in a rodent model of an alcohol use disorder) svolto dall’Università del Kentucky e del Maryland, negli Stati Uniti, pubblicato sul numero d’ottobre della prestigiosa rivista Pharmocology Biochemisty & Behavior, secondo cui la degradazione celebrale dovuta all’eccesso di alcol potrebbe essere anche alla base delle ricadute nel bere per gli alcolisti. D’altro canto, se uno ha il cervello sano, mica gli salta in mente di bere come una spugna. Ebbene, l’applicazione topica di un gel al CBD è risultata la migliore in termini di protezione del cervello dal danneggiamento indotto dall’alcol e può quindi essere utile per risolvere i problemi di dipendenza da questa tremenda piaga. D’altro canto, fino alla proibizione della marijuana, l’applicazione topica direttamente sulla parte dolorante, per esempio, sotto forma di lozioni, balsami, creme, gel, impiastri e pomate, era la più diffusa. Come per il vaporizzatore e l’ingestione, rappresenta una maniera più sicura d’assunzione rispetto all’inalazione di fumo e non è meno efficace nel raggiungere la circolazione sanguigna.

Il grosso problema è che viviamo in un’epoca dove, come dicono i monaci tibetani, per citare la newsletter del 4 ottobre scritta dagli amici dell’ASCIA (Associazione sensibilizzazione canapa autoprodotta, www.ascia-web.org), non cambierà nulla finche “gli idioti si lasceranno governare dai folli”. Non vorrei, però, che quest’epoca di idioti e folli sia figlia proprio del divieto alla canapa, quindi dall’indotto consumo di massa dell’alcol e di cibi troppo proteici, con tutti i loro poteri degenerativi a livello celebrale. D’altro canto, non si spiegherebbe altrimenti tutta questa degenerazione sociale, economica e ambientale in atto, sanabile con cos’altro se non la canapa.

Pensando bene a politici come Giovanardi, per esempio, tra i firmatari della legge sulle droghe italiana con Berlusconi e Fini, follemente impegnato in modo continuo a difendere il lambrusco e colpevolizzare la marijuana, quando un’infinità di studi scientifici dimostrano come la famosa erbe verde possa curare gli effetti negativi del suo amato vino, vien proprio da pensare la degenerazione mentale prodotta da tali abitudini sia veramente causa di politiche scellerate. Non che sia del tutto colpa sua: anche lui è vissuto in quest’era proibizionista nei confronti della canapa, mentre se fosse vissuto con la cannabis in farmacia, molto probabilmente qualche volta gliel’avrebbero prescritta, e ora non la penserebbe sicuramente così. Il mio consiglio, da Dottor Cespuglio, a Giovanardi ma pure a tutti gli altri folli della politica italiana e mondiale, sarebbe quello: trovassero il coraggio, almeno, di sottoporsi a una cura con olio di semi di canapa, per tutta la durata dell’inverno, per poi riparlarne la prossima primavera, sempre che i neuroni non si riparino prima e scorgano l’illuminazione in men che non si dica.

Sveglia! È ora d’aprire gli occhi!

Per informazioni www.medicalcannabis.it

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