Per me, lo so: cannabis e self-regulation

Soft Secrets
06 Jan 2019

Ascoltare i consumatori per ripensare le politiche di riduzione del danno


 

Una ricerca condotta da Forum Droghe all’interno del progetto europeo NAHRPP (New Approaches in Harm Reduction Policies and Practices) ha voluto mappare le strategie di controllo che i consumatori di cannabis prediligono per integrare armoniosamente nella propria vita "il vizio" del fumare e per ridurne conseguentemente i rischi. Un'interessante viaggio nelle abitudini di quanti consumano cannabis da anni, che vuole suggerire nuovi approcci alle politiche istituzionali di intervento e riduzione del danno. Uno studio prezioso, soprattutto in questi tempi di ritorno delle retoriche proibizioniste. Ottenere informazioni sulla sostanza e diventare in qualche modo "esperti di cannabis" è considerato cruciale nelle strategie di controllo che i consumatori ultradecennali applicano al loro consumo. All'inizio di ottobre, il sito www.fuoriluogo.it ha reso disponibili i risultati di una ricerca portata avanti in 3 paesi europei - Italia, Belgio e Spagna -, operata da Forum Droghe e condotta all'interno di un progetto europeo volto ad esplorare nuovi approcci nelle politiche di riduzione del danno. Il report in lingua inglese è scaricabile online, assieme ad un altro interessantissimo studio sulle interazioni nei forum online dedicati alla cannabis, di cui però non ci occuperemo in questo articolo. Ci focalizzeremo invece sulle 48 interviste singole che sono state portate avanti nei 3 diversi paesi europei e che hanno finalmente dato conto - in sede di ricerca scientifica - delle abitudini, delle strategie e degli strumenti che quanti consumano cannabis da oltre un decennio, adottano nel loro quotidiano. I ricercatori hanno reclutato i partecipanti, più o meno equamente divisi tra maschi e femmine, grazie alle proprie conoscenze personali e con la collaborazione di alcuni Cannabis Social Club - anch'essi coinvolti nella ricerca. Quello che si è voluto tracciare sono soprattutto i pattern e le traiettorie di consumo che quanti fumano cannabis hanno sperimentato nel corso della loro ultradecennale esperienza con la "sostanza". Ai partecipanti, 16 per ogni nazione, è stato chiesto quale sia la percezione di un uso controllato, quali sono le regole informali che essi applicano nel loro quotidiano per regolare il consumo, quale sia il ruolo di eventuali gruppi di supporto e soprattutto quali sono le loro aspettative sulle reali capacità di auto-regolarsi quando si parla di cannabis. Nonostante le differenze geografiche e culturali, le interviste hanno restituito parecchi tratti comuni sia per quanto riguarda le traiettorie temporali di consumo, sia per le modalità con cui quest'ultimo viene regolato. Ad esempio, tutti concordano nell'attribuirsi un modello di consumo variabile, caratterizzato da picchi così come da periodi di astinenza totale. Un modello di fruizione in cui a seguito dei picchi, dovuti di solito a particolari cambiamenti nella routine quotidiana, i livelli di consumo si abbassano per armonizzarsi con gli impegni sociali dei consumatori. Un pattern di consumo stabile e salutare, coincide quindi solitamente con una stabile routine quotidiana del fumatore. Un altro tratto comune alle interviste spagnole, italiane e belghe, sono le fasi temporali con cui marcano il loro rapporto con la cannabis. Se è vero che il primo contatto avviene quasi sempre durante l'adolescenza, è anche vero che questa età viene associata ad un consumo comunque limitato, solitamente in gruppo e soprattutto inconsapevole. Gli intervistati ammettono infatti di non aver prestato particolare attenzione alla qualità durante i loro primi approcci alla sostanza. Un incremento nel consumo e un maggiore grado di consapevolezza riguardo la cannabis, le sue proprietà ed i suoi effetti, si registra con l'età adulta: un'età che in questo caso non è necessariamente anagrafica ma si configura soprattutto con l'ingresso dei soggetti nel mondo del lavoro o con l'abbandono del tetto familiare. In questa fase si registrano una generale attitudine a sperimentare altri tipi di sostanze ma anche cambi drastici nel lifestyle - come ad esempio la conclusione del percorso di studi - e si sancisce lo sdoganamento del consumo individuale. Ma quali sono le strategie di controllo che vengono adottate per impedire che il consumo di cannabis vada ad inficiare il corretto equilibrio personale? Una di quelle emerse più spesso è legata alla tempistica: fumare quando si ha il tempo di farlo e di goderselo, possibilmente non a lavoro o in concomitanza con impegni familiari. Altri regolano il consumo in base all'ambiente che frequentano: se sanno di essere in presenza di persone che possono avere pregiudizi in merito, si astengono volontariamente dall'usare cannabis in quel contesto. Spesso quindi, si indicano persone in carne ed ossa, piuttosto che regole astratte come fattori di controllo del consumo: figli, genitori, colleghi, talvolta il partner. Ottenere informazioni sulla sostanza e diventare in qualche modo "esperti di cannabis" è poi considerato cruciale nelle strategie di controllo che i consumatori ultradecennali applicano al loro consumo. Conoscere la pianta, le sue proprietà e gli effetti - desiderati o meno - che questa può indurre è un elemento imprescindibile per gli intervistati e senza di esso, le tecniche utilizzate per regolare i quantitativi di cannabis non avrebbero alcun fondamento teorico. Le fonti da cui i soggetti hanno attinto il loro sapere cannabico sono eterogenee ed è indicativo che in Spagna, i Cannabis Social Club giochino un ruolo fondamentale come luogo di scambio e di arricchimento culturale. A livello pratico, le quantità di cannabis consumate vengono controllate con diverse metodologie e secondo diversi approcci: da chi la divide in dosi giornaliere a chi ne compra tanto quanto basta a soddisfare il periodo prefissato. Per tenere invece controllata la qualità, la risposta è stata unica in tutti e 48 i campioni: l'autoproduzione è l'unica vera garanzia di qualità della sostanza. La ricerca di Forum Droghe si è concentrata anche sulla percezione di controllo della sostanza e dell'autocontrollo dei consumatori. Un aspetto decisamente interessante, che mira a capire le motivazioni alla base degli aggiustamenti che gli utilizzatori di cannabis apportano al loro rapporto con essa, e che implicitamente conferma come la canapa, a differenza di tabacco o altre sostanze, non sia in grado di provocare dipendenze acute. In questo senso, un tratto comune nelle interviste è quello di considerarsi in pieno controllo della sostanza nel momento in cui si è in grado di essere un membro produttivo della società, di porre dei limiti al consumo quotidiano e soprattutto di smettere quando si vuole. Tutti i soggetti hanno infatti dichiarato di aver smesso di fumare cannabis, per un periodo più o meno lungo, almeno una volta. in molti hanno anche sottolineato il lato "strumentale" del consumo e hanno indicato nel raggiungimento dell'effetto desiderato il limite entro cui fermarsi. La cannabis è infatti vissuta ed utilizzata come un semplice additivo alla propria routine, un extra che deve essere funzionale ai propri obiettivi personali. E per gestirla in modo consapevole, l'informazione - sia da un punto di vista "chimico", sia da quello legale - è fondamentale. Dall'altro lato, gli intervistati sono concordi nell'individuare precisi segnali che conformano un consumo problematico della sostanza. Il primo è il consumo massiccio: l'uso intensivo e soprattutto il mix con altre sostanze denota per gli intervistati l'insorgere di effetti negativi sulla salute e sulla vita sociale. Inerente all'aspetto della salute, il manifestarsi di sintomi come tachicardia o sperimentare attacchi di panico, è forse il campanello d'allarme più ascoltato per imporsi più autodisciplina o rivolgersi a strutture per un aiuto specializzato. Infine, l'uso problematico della cannabis viene configurato, secondo il parere degli intervistati, nel momento in cui vengo confermati i tanto detestati bias che vedono i consumatori di cannabis come smemorati, sfaticati e generalmente incapaci di trovare una collocazione nel mondo. Nelle centinaia di ore di interviste, i ricercatori sono riusciti ad evidenziare alcuni punti fermi in quella che potrebbe essere definita la "fenomenologia del consumatore di cannabis". Nonostante il campione sia innegabilmente ridotto, quello che i soggetti hanno restituito è un quadro comportamentale e valoriale abbastanza omogeneo che può grossolanamente essere riassunto come segue. I picchi di consumo più alti sono legati soprattutto a momenti in cui i consumatori non hanno impegni fissi - come un lavoro -, mentre si stabilizzano nel momento in cui si instaura una determinata routine e il fumare trova la sua naturale collocazione nel quotidiano a seconda del soggetto. Le traiettorie del consumo, quindi, molto spesso si intersecano con quelle della vita e le sue fasi; e in questo, com'è ovvio, anche gli eventi traumatici possono influire. La cannabis è poi generalmente concepita come "droga sociale": il primo approccio con la sostanza avviene nella maggior parte dei casi in gruppo e il suo utilizzo facilita innegabilmente le relazioni e gli scambi sociali. Di rimando, il consumo in solitaria è sempre percepito come un punto di svolta che, in alcuni casi, può portare a considerare la configurazione di un uso problematico. Le ragioni che invece stanno dietro alla decisione di astenersi dal consumo sono principalmente di due tipi: le prime sono di carattere esterno e si riferiscono a una situazione di controllo o sanzionatoria, le seconde invece sono di segno opposto e si ritrovano in una maggiore consapevolezza del singolo rispetto alla sostanza e ai suoi effetti, e quindi ad una maggiore volontà di autocontrollo. È poi interessante sottolineare come, per la parte italiana, i ricercatori abbiano segnalato una generale difficoltà nell'inquadrare il concetto di "controllo della sostanza" in quanto è stato molto spesso confuso e attribuito al frame poliziesco e di controllo istituzionale/repressivo, piuttosto che come strumento di auto-regolamentazione o auto-disciplina. E le ragioni sono sicuramente da ricercare nel contesto giuridico italiano. Una ricerca preziosa quella di Forum Droghe, che ci auguriamo davvero possa essere presa in considerazione per ripensare in toto - soprattutto in modo più umano, soprattutto in Italia - le politiche istituzionali di riduzione del danno.

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