Smokey Monkey: la cannabis che unisce le culture

Maria Novella De Luca
07 Mar 2022

Si chiama Smokey Monkey ed è un coffee shop che si trova nella città di Tira, a circa 40 chilometri a nord di Tel Aviv.


Ad aprirlo, meno di un anno fa è stato Karam Shbeeta, infermiere in un ospedale psichiatrico che stanco del suo lavoro, dopo aver frequentato un corso sulla cannabis medica, ha deciso di aprire la caffetteria in questa città arabo-israeliana dove vive con la moglie e la figlia. Sicuramente questa non è stata una scelta professionale semplice: i luoghi dedicati al fumo e all'acquisto di marijuana in pieno giorno sono rari, infatti, nella società araba israeliana, dove le opinioni conservatrici prevalgono ancora quando si parla di cannabis. E questa scelta, inizialmente ha scioccato anche la sua famiglia che non comprendeva come potesse lasciare la carriera sicura di infermiere per aprire una caffetteria. Eppure la sua scelta è stata premiata perché oggi Smokey Monkey è una storia di successo, che ha raggiunto la ribalta nazionale quando è apparso in un telegiornale sull'emittente pubblica israeliana Kan alla fine dello scorso anno. Ma soprattutto è un luogo che accoglie intorno a se tante persone da tutta la regione, comprese le città e i villaggi ebraici della zona.

"Sono riuscito a costruire una comunità che abbraccia la diversità e accoglie tutti, arabi ed ebrei allo stesso modo", dice il ventinovenne Shbeeta orgoglioso di quello che sta costruendo. E lo sta facendo nel nome della cannabis per cui è diventato un punto di riferimento e di informazione.

Era frustrato nel suo precedente lavoro perché sentiva che non c'erano abbastanza informazioni che aiutassero le persone a comprendere appieno i benefici della cannabis medica. Come infermiere psichiatrico sentiva di non riuscire a trovare la strada giusta per aiutare i pazienti ed era preoccupato per le persone che subivano danni usando il tipo sbagliato di farmaci.

Oggi infatti, uno degli obiettivi di Shbeeta  è "dare consigli ai pazienti su come ottenere la cannabis medica in modo legale, piuttosto che prenderla illegalmente dal mercato nero dove non hai idea di cosa stai consumando e quali danni potrebbe causare" ha spiegato ad alcuni quotidiani locali.

Shbeeta dice che i suoi clienti sono per lo più giovani, arabi ed ebrei. Tuttavia, c'è una chiara linea di demarcazione quando si tratta di clientela femminile. “La maggior parte delle donne che vengono qui sono ebree; le donne arabe lo visitano raramente”, dice. “La comunità araba vede ancora le donne che fumano in modo diverso, il che secondo me non ha senso. Se un uomo può fumare, può farlo anche una donna". Tuttavia, aggiunge che anche gli uomini arabi possono essere stigmatizzati dal loro uso di marijuana. “Ecco perché alcuni scelgono di farlo in modo più discreto”, spiega. “La comunità araba non è ancora molto informata sulla cannabis medica e sui suoi benefici. L'idea è ancora che se fumi erba, stai usando droghe pesanti".

Per acquistare cannabis presso il suo negozio bisogna avere una documentazione legale adeguata, ma la caffetteria funge anche da normale luogo di incontro dove vedersi con gli amici. Anche questo è molto importante perché, come spiega lo stesso Shbeeta “in quest'area, ci sono pochi posti dove i giovani possono uscire, incontrarsi e relazionarsi con gli altri". Uno degli esempi più immediati viene proprio da un ragazzo che lavora nella caffetteria che arriva da una comunità ebraica della classe medio-alta vicino a Tira. Questo ragazzo, oltre a imparare a conoscere gli usi terapeutici della cannabis,sta anche imparando a conoscere le abitudini di vita in una città araba.

"Quando ho iniziato a lavorare qui, non conoscevo le difficoltà che la società araba deve affrontare", ha detto il 22enne.“Lavorando qui, ho conosciuto molto meglio la cultura araba. All'inizio, le persone mi guardavano in modo strano perché sono ebreo. Ma ora la situazione è diversa: mi sento legato alle persone qui, che chiamo famiglia”.

Quello di Shbeeta è un piccolo esempio del ruolo importante che può avere, per molte persone, un punto di informazione e di incontro sulla cannabis medica e di quali risvolti positivi questo possa avere anche a livello sociale. Lo stesso Shbeeta vede in questa sua intuizione dello Smokey Monkey la possibilità che diventi un “modello per il futuro”, un luogo in cui le persone incontrano i loro vicini, per informarsi sulla cannabis ma anche per superare le loro paure e i loro stigmi.

M
Maria Novella De Luca