un commento di Ascia sul movimento mondiale per la legalizzazione

Soft Secrets
05 Aug 2012

Davide Corda di Ascia sul movimento mondiale per la legalizzazione della canapa


Davide Corda di Ascia sul movimento mondiale per la legalizzazione della canapa

Non si può dire di certo che ultimamente il dibattito sulla canapa a livello internazionale si sia arenato, già dal 2011 si era avuta una prima apertura sull’argomento a livello internazionale, quando fu presentato il rapporto della ‘Global commission on drug policy’ che affermava senza indugi il fallimento della “guerra alla droga”, invitando tutti gli Stati del mondo a legalizzare la marijuana come primo atto di una nuova politica sugli stupefacenti.

Punta di diamante in questo neo-movimentismo sulla legalizzazione della canapa, sembrerebbe il sud america, che anche in occasione del 6° Vertice delle Americhe, ospitato nella città colombiana di Cartagena de Indias, ha discusso su come superare i danni provocati dalla guerra alla droga nonostante la contrarietà dell’amministrazione USA (Paese massimo consumatore di droghe al mondo), ricevendo notevoli aperture da parte di molti Paesi, capitanati dal presidente del Guatemala, Otto Perez Molina.

In assoluto si può annoverare tra i paesi che sembrerebbe vogliano passare dalle parole ai fatti, l’Uruguay, dove il governo presieduto dal presidente Josè Mujica ha presentato un progetto che vorrebbe legalizzare la ‘marijuana’ attraverso la distribuzione garantita direttamente dallo Stato o tramite circuiti da esso autorizzati, come le associazioni dei consumatori di canapa sulla stregua dei cannabis social club europei.

Secondo Mujica l’uso di cannabis può ritenersi un ‘vizio diffuso nella società’ al pari dell’alcol e non un crimine da reprimere e che si dovrebbe normalizzare appunto attraverso la regolamentazione della produzione, la detenzione e la vendita in luoghi autorizzati dallo Stato. L’Uruguay sarebbe il primo Paese al mondo a dotarsi di una ‘regolamentazione’ completa, andando oltre anche la legislazione della tollerante Olanda, dove il più grande difetto della normativa è appunto che non regolamenta la produzione.

Sarebbe anche una mossa ‘preventiva’ per evitare il contagio della guerra alla droga che in America latina ultimamente oltre al Messico ha colpito anche il Guatemala ed altri Stati, nell’ambito di un pacchetto di norme sulla pubblica sicurezza contro il narcotraffico e le mafie che ci girano intorno.

Mujica dichiarando la sconfitta del proibizionismo e il fallimento della guerra alla droga, attraverso la legalizzazione della cannabis, creerebbe un precedente che ancora in Europa stenta ad essere compreso come soluzione, sia per la portata del problema e sia per le sue implicazioni a livello economico, sociale e culturale. Come lui stesso ha dichiarato “«Qualcuno deve essere il primo, perché stiamo perdendo la battaglia contro la droga ed il crimine nel continente. Lo faccio per i giovani, perché i modi tradizionali di affrontare questo problema hanno fallito».

Sembra che il Sud America stia esprimendo la volontà di affrancarsi dall’essere considerato il ‘cortile di casa’ di Washington, mentre l’Europa, anche se con legislazioni diverse da Stato a Stato, continua ad essere stupidamente ‘tributaria’ nei confronti della politica statunitense e della scelta distruttiva iniziata negli anni ’70 da Richard Nixon, con Italia, Francia, Gran Bretagna, Russia e Svezia a fare i guardiani del proibizionismo.

Rimanendo sempre nel nuovo continente, oltre al sud America, bisogna evidenziare che negli Stati Uniti quest’anno a Novembre, si svolgeranno i referendum per chiedere la legalizzazione della cannabis negli Stati del Colorado, Oregon e Washington. E’ dal 2010 che nel continente non si svolge un referendum di una tale importanza dopo quello fallito lo scorso anno, per poco, in California (La Preposition 19 che raccolse il 46,50% di voti favorevoli).

Quest’anno, a differenza di 2 anni fa, sembrerebbe più vicina la riuscita del successo anche considerando l’ammontare dei fondi raccolti a sostegno dell’iniziativa, sia nello Stato di Washington (on marijuana reform Initiative I-502), sia nello Stato del Colorado.

Nel Colorado se passerà l’emendamento 64 http://www.regulatemarijuana.org/ (amendment 64 “to regolate marijuana like alcohol”) la ‘marijuana’ verrà considerata al pari dell’alcool, ed attraverso un’apposita autorizzazione sarà possibile produrre e vendere la sostanza, il cui prezzo non dovrà essere né troppo basso per agevolarne il consumo né troppo alto da spingere i consumatori verso il mercato nero.

Considerando che il costo di produzione in un ambito legale sarebbe di pochissimi centesimi, ne consegue che detta tassazione per lo Stato del Colorado genererebbe enormi introiti finanziari. Impeccabile la decisione di devolvere i primi 40 milioni di dollari che lo Stato ricaverà dalla tassazione, per la costruzione di scuole pubbliche.

E’ palese che, vista l’indifferenza della Casa Bianca, ogni Stato americano, avendone le prerogative, cerchi di tamponare i danni che il “divieto assoluto” imposto dal governo federale ha generato in questi ultimi decenni e provi anche a liberarsi dalle implicazioni che gli interessi lobbystici, che stanno dietro alla proibizione, creano nell’economia pulita del Paese.

Un Proibizionismo che, anche attraverso la complicità della CIA, del sistema finanziario globale che inietta liquidità nel sistema e delle sempre ‘floride’ mafie internazionali che fanno da ‘intermediari’, muove guerra a chiunque voglia intaccare questo gioco perverso che frutta miliardi di dollari ai soliti noti che finanziano le guerre anche per il controllo del traffico di stupefacenti, come sta accadendo in Afghanistan con la complicità della Russia e degli USA.

Ma il confine tra guerra alla droga e traffico di droga non è sempre netto, talvolta finiscono per ‘confondersi’ confondendo di conseguenza l’opinione pubblica, d’altronde siamo abituati agli unici concetti validi per i popoli-sudditi: i ‘divieti’ e gli ‘obblighi’, e quindi non siamo più in grado di capire cosa succede realmente.

Come si potrebbe altrimenti giustificare l’accordo tra le truppe alleate e le tribù afghane per garantire la produzione di oppio non volendo valutare il rischio (come sta avvenendo) di essere invasi dall’eroina? O peggio ancora, facendo un piccolo salto nel tempo, in virtù di quali principi fu scatenata “la guerra dell’oppio”, mossa dalla puritana Gran Bretagna contro la Cina, per obbligare l’Impero Celeste a commerciare oppio e rendere drogata la popolazione?

Come afferma anche Mark Kleiman (Professore dell’UCLA school of public affairs, Università della California), che si occupa da tempo di crimine e problematiche connesse all’uso di droga: “Il proibizionismo sta crollando, così com’è successo negli anni Trenta con l’alcool. La legalizzazione arriverà, e sarà il riconoscimento di uno status quo” oppure, come sostiene da oltre 30 anni il noto magazine settimanale britannico, The Economist, “the only way out of this mess”, cioè che la legalizzazione è l’unica via per uscire da questo casino.

Davide Corda – ASCIA


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