La salute per me è prima di tutto libertà

Fabrizio Dentini
19 Feb 2024

Il senatore Antonio Guidi, medico e docente universitario, ha manifestato una sensibilità non scontata rispetto alla cannabis terapeutica. Sul finire del 2023, infatti, ha incontrato un gruppo di pazienti che lottano per un sistema distributivo nel quale l’accesso sia a misura dei loro disagi. In particolare, essi rivendicano un farmaco più accessibile, più economico e sempre disponibile. Invitati ad un incontro conoscitivo in Senato, non ci siamo dunque sottratti alla responsabilità d’approfondimento e abbiamo provato a conoscere meglio questo animale politico raro: un senatore del partito di estrema destra al governo che ragiona con i pazienti in cura con la cannabis (tanti di loro in autoproduzione forzata), ma con un atteggiamento scevro dai pregiudizi più annosi. Allacciate le cinture quindi e buona lettura...


SSIT: Incredibile, abbiamo scovato un senatore di Fratelli d’Italia favorevole alla cannabis terapeutica e sensibile alle istanze dei pazienti. Senatore si vuole presentare? 

Intanto non mi verserei mai a proporre in maniera surrettizia alcuna liberalizzazione, anche di cannabis, ma siccome faccio il neuropsichiatra da oltre mezzo secolo non riesco a vedere, in caso di patologie specifiche e quando una sostanza può essere indispensabile, perché negarla. Ripeto, non propongo in nessun modo liberalizzazioni, non è da me. Il mio ruolo è quello di tecnico che suggerisce al politico che non possono esistere tabù, ma che al contrario bisogna stabilire cosa fa bene, cosa fa male, cosa è dubbio, evitando in ogni caso generalizzazioni e strumentalizzazioni. Questo lo dico in maniera decisa perché così come non voglio che si neghino le terapie, non voglio nemmeno essere usato a fini diversi da quelli per i quali, da sempre, mi batto.

SSIT: Durante l’incontro con i pazienti quali rivendicazioni ha raccolto? Quali storie l’hanno colpita maggiormente? 

Ogni storia mi colpisce quando l’animo umano si mette, anche in parte a nudo, in un sofferto e complicato “striptease” dell’anima pieno di speranze. Ascolto stupito l’occasione meravigliosa che mi si da ogni volta per ascoltare l’altro. Lo considero un miracolo della mia professione. Le istanze sono quelle, non tanto di volere una sostanza o un approccio terapeutico di un tipo o di un altro, quello che i pazienti chiedono è di essere ascoltati con la giusta attenzione e con un atteggiamento non talebano.

SSIT: Che opinione si è fatto della vita di questi pazienti che nonostante una regolare prescrizione medica faticano enormemente per garantirsi una doverosa continuità terapeutica? 

Credo che fino a quando si fa a spallate tra un’ideologia ed una convinzione, tra un’altra ideologia e un’altra convinzione, senza tener conto del bene del singolo individuo, e facendo pubblicità alla propria posizione, non si vada da nessuna parte. Credo che ci si debba mettere intorno a un tavolo per dire, prima di tutto, attenzione a qualsiasi forma di sostanza che alteri la mente umana, partendo dagli psicofarmaci, troppo frequentemente utilizzati senza misura, figuriamoci sostanze che alterano la percezione di sé e della realtà intorno. Bisogna essere attenti che l’utilizzo di certe sostanze non venga generalizzato sotto altre scuse, ma nello stesso tempo non possiamo negare che, rispetto a singole patologie valutate con estrema serietà, dobbiamo tener conto che l’arcobaleno delle possibilità terapeutiche è vasto e non si possano tenere gli occhi chiusi rispetto ad un’ideologia che in maniera surrettizia ci avvolge. Credo che non esistano terapie che vadano bene a tutti e terapie che vadano bene ad una persona per tutta la vita. Esistono invece dei tentativi e il medico, più che perseguire la guarigione che spesso è utopica, deve operare per ridurre il dolore.

SSIT: Da questo punto di vista, come tecnico della salute, lei ha mai prescritto cannabis e come la giudica in quanto medicina?

Non ho prescritto cannabis perché non ho avuto occasione di farlo e, anzi, avevano prescritto a me olio di cannabis per alcuni spasmi e dolori, ma il medico di base decise di non procedere ed io non ho mai insistito perché alla fine, nel mio caso, che non deve essere generalizzato, con la volontà, psicoterapia e miorilassanti sono riuscito, in parte, a superare il disturbo. Certo non condanno chi la utilizza e credo che, nella coscienza di ogni medico, ci sia il principio fondamentale di evitare il danno, ridurre il dolore e non strumentalizzare il paziente. Esistono sostanze come la cannabis che indubbiamente sono da utilizzare con estrema razionalità e senza ideologia.

SSIT: I pazienti le hanno parlato della produzione di cannabis terapeutica presso lo Stabilimento militare di Firenze? 

Si è fatto un’idea propria? Ancora no. Vorrei andare a visitare questa realtà produttiva utilizzando il fatto di essere senatore della Repubblica. Devo dire che sono più motivato a visitare le carceri dove si perpetrano tante inadempienze.

SSIT: Tante delle inadempienze nelle carceri sono dovute al sovraffollamento strutturale. Circa il 30% dei detenuti sono rinchiusi per semplice detenzione di stupefacenti o per piccolo spaccio. Non crede sia il momento di riformare il Testo Unico 309/1990 escludendo questi profili dal circuito penitenziario? 

Ritengo che dobbiamo pensare a tutte le tipologie di reato, evitando in ogni modo un’odiosa pena aggiuntiva, quella, appunto, del sovraffollamento, un problema antico e irrisolto. Occorre necessariamente incentivare un forte adeguamento delle strutture carcerarie.

SSIT: In Canada hanno celebrato lo scorso ottobre i primi cinque anni di completa legalizzazione della cannabis. Il principale motivo sotteso a quest’operazione è stata la volontà di proteggere i più giovani. Crede che il “decreto Caivano” vada in questa direzione? 

Io l’ho vissuto sin dalla sua ideazione anche perché, essendo psichiatra, mi hanno consultato e soprattutto sono stato molto attento a tutti i passaggi nella soddisfazione, in ogni caso, di una risposta, anche se tardiva, non da parte di questo Governo, ma dei precedenti. Un decreto, in parte, sicuramente, ancora da aggiustare verificandone l’efficacia in corso di applicazione. La sua valutazione è comunque positiva, infatti, è stato votato anche da me. Non capisco, però, quale può essere la direzione che incroci il Decreto Caivano con la cannabis.

SSIT: Il ponte di collegamento riguarda il fatto che il “decreto Caivano” triplica le pene detentive per i reati di spaccio di piccola entità e prevede il daspo urbano per i minori. Quindi, torno a chiederle, crede sia questa la maniera di tutelare i più giovani? 

In questo momento non parliamo della sostanza illegale, ci mancherebbe altro, ma di un abuso del singolo soggetto, che va soprattutto recuperato dal punto di vista psicoterapeutico e dal punto di vista della fiducia e questo richiede tempo, danaro e tanto impegno. Punire ci sta, ma persone già tanto punite dalle situazioni estreme che conducono allo spaccio, non per scagionare o per essere buonista, ma come psichiatra credo che bisogni anche attivare i necessari meccanismi socio-riabilitativi e quindi l’applicazione del sorvegliare maggiormente che quella del punire. Soprattutto fare capire con fermezza che anche se spesso c’è tanto sfiducia nelle istituzioni, lo Stato c’è per applicare il giusto deterrente anche rispetto alla potenziale privazione della libertà. È semplicemente un deterrente che non può non soddisfare il cittadino che crede nella realtà delle istituzioni.

SSIT: Per quanto riguarda l’accesso per motivi terapeutici, i pazienti canadesi con prescrizione posso iscriversi alla lista di centinaia di produttori autorizzati e ricevere via posta il proprio medicamento su base mensile, possono coltivare le proprie piante o possono designare una persona terza per questa attività. Come giudica tale modello che riconosce ad oltre 45.000 pazienti il diritto all’autoproduzione? 

È un approccio pragmatico che fa riferimento al paese Canada. Lo dico con franchezza, credo poco ai modelli perché ogni paese ha una sua storia, un punto di riferimento, pregi e difetti. Il Canada fa quello che vuole, l’Italia secondo me ha un approccio diverso e dobbiamo rispettare le culture locali, a meno che non siano repressive come in alcuni paesi del medio oriente.

SSIT: Lei crede che il diritto alla salute sia un diritto umano? 

Me lo sono domandato tante volte chiedendomi cosa sia la salute. La mancanza di malattia? La salute per me è prima di tutto libertà. Non quella che prevarica l’altro, ma quella che lo rispetta. Libertà e rispetto garantiscono, accanto ad interventi medici e sociali, la salute possibile.

SSIT: Alla luce dell’idea che la salute sia innanzitutto libertà, crede che denunciare chi coltiva cannabis per curarsi e per sopperire alle lacune del sistema italiano sia compatibile con il rispetto dei diritti umani?

Io credo poco nelle denunce soprattutto da parte dei singoli cittadini che spesso sono dettate da invidia e crudeltà. Ritengo odioso il ricorso allo strumento della denuncia per ogni trasgressione. Denuncia spesso generata da sentimenti poco nobili. Il diritto alla privacy è uno degli elementi fondamentali della democrazia. Solo in caso di violenze dirette ci può essere denuncia.

SSIT: All’interno del suo partito si sente isolato rispetto alla sensibilità che lei esprime riguardo questo argomento? 

Mai. Non sono obbligato a stare in nessun partito. In questo momento e lo dico con entusiasmo mi trovo molto bene ed anzi, in certi momenti, mi sento addirittura un privilegiato

SSIT: Quanti Senatori di Fratelli d’Italia potrebbero adottare un’attitudine compassionevole riguardo la depenalizzazione dell’autoproduzione di cannabis per motivi terapeutici? 

Penso che ci sia un ottimo Ministro della Salute e vedo lui come interlocutore su temi estremamente delicati, che hanno, però, il diritto di essere discussi senza demonizzare nessuno. Il tempo della caccia alle streghe è finito, è terminata l’Inquisizione definita santa. Cerchiamo quindi di guardare obiettivi seri non ideologizzati che partano dai bisogni reali delle persone.

SSIT: Senatore Guidi, nel corso del 2024, si impegna a portare anche noi di Soft Secrets presso lo Stabilimento militare di Firenze per una visita conoscitiva?

Perché no? Firenze merita certamente una gita di studio, lavoro e soddisfazione estetica. Se c’è da vedere qualcosa insieme perché no, sono sempre curioso di vedere non tanto cosa si faccia, ma come lo si faccia.

Questo articolo è tratto dal numero 01/2024 della Rivista cartacea Soft Secrets

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Fabrizio Dentini