Crearsi la propria varietà di cannabis

Exitable
15 Apr 2014

Una premessa: per ognuno, ogni prodotto destinato all'autoconsumo, se prodotto da sé sarà il migliore. Sarà quello che è legato intimamente al suo creatore in modo sottile, che lo farà stare meglio.


Una premessa: per ognuno, ogni prodotto destinato all'autoconsumo, se prodotto da sé sarà il migliore. Sarà quello che è legato intimamente al suo creatore in modo sottile, che lo farà stare meglio.

Una premessa: per ognuno, ogni prodotto destinato all’autoconsumo, se prodotto da sé sarà il migliore. Sarà quello che è legato intimamente al suo creatore in modo sottile, che lo farà stare meglio.

Nel caso di una varietà di cannabis, ognuno ha il diritto di non dipendere dalle scelte (e dai prezzi) di un mercato che sta diventando sempre più orientato a scelte commerciali piuttosto che al rispetto della pianta di cannabis e dei suoi fruitori.

Ognuno degli estimatori di questo dono divino ha esigenze diverse, uniche. E ognuno deve avere il diritto di poter scegliere come rapportarsi a questo dono. E ognuno deve avere il diritto di crescere ogni tipo di vegetale, come meglio gli aggrada, usando ogni tipo di varietà esistente, incrociandole e creandone di nuove. La proprietà su un essere vivente è un assurdo e il tentativo delle multinazionali di “brevettare” i semi e di manipolarli geneticamente, inserendo geni di organismi diversi, è da condannare e da bloccare rapidamente.

Per crearsi la propria varietà di cannabis, innanzitutto bisogna avere chiaro in mente cosa si vorrebbe ottenere. Come dovrebbe essere la pianta, che portamento dovrebbe avere, quali dimensioni, quali tempi di maturazione, quali aromi, che sapore, quale effetto. Scelte due varietà esistenti che nell’insieme abbiano caratteristiche che ci soddisfano, potremo incrociarle fra loro e, dalla loro mescolanza di geni, se saremo fortunati, potremo trovare qualcosa che sarà la somma delle caratteristiche desiderate in una pianta sola.

Sarà necessario partire da varietà dioiche, regolari. Semi che diano piante maschio e piante femmina. Nelle piante femminizzate, figlie della stessa madre, la depressione da inbreeding (incrociare le piante con consanguinee) sarà presente fin dalla prima generazione di incroci, e nelle nuove piante troveremo un’espressione di numerosi caratteri recessivi e indesiderati.

Le varietà scelte dovranno avere una genetica stabile, che dia affidamento negli anni in quanto a riproducibilità dei tratti ricercati. Dovranno possibilmente essere in grado di adattarsi ad ambienti diversi e potranno essere simili o anche molto diverse fra loro.

Per colpa del proibizionismo sono andate perdute numerosissime varietà locali, adattatesi all’ambiente magari da secoli, selezionate per alcune caratteristiche che sono riuscite a mantenere nel tempo, perché quei caratteri selezionati sono funzionali a quel particolare ambiente. Le diverse varietà di cannabis si sono evolute per selezione dovuta alla pressione ambientale e per selezione esercitata dall’uomo, che ha cercato di ricavare numerosi prodotti da questa pianta e si è accorto che in diversi ambienti si potevano ricavare raccolti diversificati: seme, fibra, fusti, resina…

Se la cannabis ritornasse ad essere considerata alla stregua degli altri vegetali, come per gli altri vegetali si potrebbe assistere ad un ritorno delle varietà locali (che per la maggior parte delle coltivazioni stanno sparendo, con un danno enorme in termini di biodiversità e di potenziale conservazione della specie), dove la pianta potrebbe esprimere le sue capacità in ambienti molto diversi fra loro. Come per i pomodori, o le fragole, ci potrebbero essere piante selezionate per uno scopo particolare e che proprio in quel particolare microclima danno qualcosa di diverso e di speciale.

Tradizionalmente, nella fascia equatoriale-tropicale le piante vengono utilizzate principalmente per la resina, senza separarla dalle infiorescenze; e l’uso dei semi, della fibra e del fusto è secondario. Nella fascia sopra al tropico la resina viene separata dalla parte vegetale, costituisce ancora il maggior raccolto (e quello in assoluto più pregiato), anche se vengono selezionate piante per produzioni di fibra e semi. Nei climi temperati e temperati-freddi, la produzione tradizionale migliore della canapa è la fibra, e la produzione di resina è limitata dalle condizioni climatiche; in questi climi anche la produzione di semi è notevole, e la qualità del seme, in termini di proprietà alimentari, è migliore rispetto ai climi più caldi. 

Definiamo un momento i termini “incrocio” e “ibrido”: un incrocio è il risultato di un’impollinazione fra un maschio ed una femmina che sono di varietà diverse ma presentano la maggior parte dei caratteri dominanti molto simili fra loro (ad esempio Super Skunk e Cheese). Il risultato di un incrocio è una pianta con caratteristiche intermedie fra quelle dei genitori, non raramente immediatamente stabile per alcuni caratteri (quelli presenti in entrambi i genitori).

Un ibrido è invece un incrocio fra due piante che presentano caratteri decisamente diversi (ad esempio Blueberry e Haze). Nella prima generazione di ibridi (F1) si assiste spesso a quello che viene definito “vigore ibrido”, dove la nuova progenie mostrerà la maggior parte dei caratteri dominanti vincenti nella maggior parte degli ambienti: crescita rapida ed esplosiva, maturazione precoce, resistenza alle malattie, alta produttività di organi riproduttivi, alta produzione di resina. Spesso gli ibridi F1 sono più grandi, più robusti, più produttivi, più veloci e più potenti di entrambi i genitori di partenza.

Se incrociamo un maschio e una femmina di questi ibridi F1 così ottenuti avremo, nella generazione che verrà, un grande rimescolamento genetico e una grossa differenziazione fra gli individui. Da qui potremo partire selezionando le piante che presenteranno i caratteri desiderati e nel giro di 3-4 generazioni potremo avere una nuova qualità, stabile e rispondente alle nostre esigenze.

Per stabile, qui intendo piante che, riproducendosi fra loro, presenteranno uniformità nella maggior parte dei caratteri, potendo però differenziarsi nell’espressione di altri. Si avrà così un “genotipo” comune (presentano lo stesso corredo genetico); ma, avendo alleli diversi sui geni, si mostreranno diversi fenotipi (individui della stessa genetica ma con caratteri diversi).

In genere, in una varietà stabilizzata si troveranno due-tre fenotipi diversi, di cui uno rappresenterà circa la metà degli individui, un altro il 30-40% ed il terzo il restante delle piante: i primi due sono quelli meglio adattati all’ambiente, ed il terzo è la “riserva” in caso di microclimi dove i primi due non si adattano bene.

In genere, la pianta più vigorosa e con una genetica più stabile sarà quella che porterà la maggior parte dei caratteri dominanti ed espressi nella prima generazione.

Se le piante genitrici scelte presentano un vigore simile, e hanno avuto entrambe condizioni ottimali di vita, allora (non è un dato scientifico, ma dato dall’osservazione negli anni) i caratteri più “fisici”, come portamento e ramosità della pianta, compattezza delle cime (questo dipende essenzialmente dalla intensità di luce), larghezza delle foglie, saranno simili al maschio genitore. Quelli più “sottili”, come profumo, tipo di resina, gusto, tempo di maturazione, saranno più facilmente portati dalle madri

 Sarà importante quindi che i semi da cui nasceranno le piante destinate a essere la base per la nostra nuova varietà siano semi di piante regolari e di varietà stabili, e non di ibridi. Il meglio sarebbe poter partire con due landraces originali, di semi provenienti dal loro luogo di origine, adattarle separatamente al clima dove si lavora, selezionando gli individui migliori (più rispondenti alle nostre esigenze) e meglio adattati al nuovo ambiente; in seguito (dopo 2-3 generazioni almeno) si potranno incrociare fra loro ed iniziare la creazione di qualcosa di nuovo e diverso.Oppure si può ad esempio incrociare qualcosa di locale, già adattato all’ambiente ma non soddisfacente appieno, con una varietà conosciuta stabile e vigorosa (ad esempio Skunk n.1, oppure Divina, oppure Haze…).

Ricordo che in base alla provenienza delle nuove piante si potranno avere stagioni di crescita e fioritura più corte o più lunghe rispetto a quanto sarebbe stato nel loro paese d’origine: piante provenienti da luoghi più a nord, dove le giornate d’estate sono più lunghe, rischieranno di cominciare prima la fioritura (spesso un fattore molto utile, specie nel caso di coltivazioni di sinsemilla, dove si può e si deve prolungare il periodo di fioritura. Controproducente altre volte, dove può essere importante la taglia della pianta).

Se le nuove piante provengono da luoghi più a sud, al contrario, non entreranno in fioritura fin quando le giornate si saranno accorciate abbastanza da equivalersi, in tempi di luce/buio, al periodo di inizio fioritura nel loro paese d’origine (spesso in ritardo per poter maturare appieno). Bisognerà tener ben presente questo fatto, per poter far concordare i tempi di fioritura dei maschi e di possibilità di essere impollinate delle femmine. 

In genere, nella stessa varietà, gli individui di sesso maschile cominciano a produrre fiori (e quindi polline) prima delle femmine. Nel caso di voler creare una nuova varietà sarà necessario isolare i maschi, per poter capire quali saranno adatti a fecondare le femmine prescelte. Al momento dell’apertura dei primi fiori, le piante maschio dovranno essere isolate individualmente, il loro polline raccolto (la carta da forno va molto bene) e conservato in luogo fresco, asciutto e buio. Il polline viene emesso dai fiori quando si aprono e questo processo va avanti per numerosi giorni, fino a più di un mese.

Osservare i maschi fino alla fine del loro ciclo vitale darà una migliore idea di quali potranno essere gli individui meglio adatti a portare il loro patrimonio genetico nel nuovo incrocio. Ad esempio, alcuni di loro potrebbero mostrare una grossa produzione di fiori durante la fioritura (da preferire), oppure dimostrarsi sensibili alle muffe (da scartare).

Scegliere una femmina ideale sarà più facilmente comprensibile che scegliere un maschio (a parte le scelte fatte per una fibra di qualità fine, ma penso che per questo tipo di piante dovrei fare un articolo a parte…), ma il tempo in cui la femmina dovrà essere impollinata sarà decisamente anteriore alla sua maturazione. Per questo motivo non potremo sapere come la pianta si comporterà alla fine della fioritura e come sarà poi il prodotto finale.

Quindi sarà necessario che per ogni pianta femmina si realizzino (almeno) due talee, una delle quali di riserva. Le talee potranno essere fatte nel momento in cui si mostreranno i primordi florali, fra il quinto e l’ottavo palco di foglie (e rami), all’incirca fra i 45 e i 55 giorni dell’emergenza della pianta dal terreno, dopo che il seme è stato messo a germinare. Per le varietà autofiorenti l’entrata in fioritura avviene fra la seconda e la quarta settimana dall’emergenza.

Le talee potranno essere mantenute in fase di accrescimento vegetativo per un periodo sufficiente a permetterci di portare a maturazione, di analizzare e di “provare” il prodotto finale, così da poter capire quali individui saranno i migliori per essere riprodotti

Quando le piante “madri” avranno terminato il loro ciclo, e saranno preparate per l’essiccagione, potremo lasciar fiorire le talee, ed impollinare solo gli individui (per noi) migliori. Il momento migliore per l’impollinazione è quando ci sono numerose infiorescenze ben formate, con numerosi pistilli bianchi: a seconda delle varietà e delle condizioni di crescita, fra la terza e la sesta settimana di fioritura.

Per esigenze di impaginazione, l'articolo termina qui. Il seguito verrà pubblicato sul prossimo numero.

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