Fa caldo quando non piove

Soft Secrets
03 Apr 2017
«Fa caldo quando non piove, il resto dell’anno acqua e vento. Ma che bel posto di merda in cui siamo finiti. Se non avessimo la jeep dovremmo comprarci un cavallo!» Con queste parole mi accolse alla stazione e via dritti verso il camping dove ci aspettava il nostro contatto. Non c’era tempo di rifletterci troppo, non avevo gli stivali e le mie mostro bianche sarebbero morte nel giro di cento metri tra acqua e fango. Benvenuto CBG. «Perché proprio in mezzo a quest’umidità siamo finiti?» chiesi non appena partiti. «Perché qua si sta bene, la legge è dalla nostra e possiamo far grandi cose». La traduzione di “grandi cose” potrei riassumerla in “qui la cannabis è ben tollerata, fumano tutti, se la polizia ti ferma nega tutto”. Il mio socio non andava per la leggera, credeva in ciò che faceva e se eravamo in quel bel posto di merda era perché aveva intuito qualcosa e sicuramente era una genialata. In poco meno di mezz’ora di strada arrivammo al camping, mi incuriosiva come luogo dove incontrarci un camping, ma quale posto migliore dove incontrarci tra stranieri se non il bar di un campeggio pieno zeppo di turisti? Le mie scarpe e i pantaloni chiesero pietà appena sceso dall’auto e dovetti cambiarmi tra mille bestemmie perché il contatto aveva fretta. Il contatto era un abitante del luogo con un piccolo club cannabico in riva al mare e una crescente fretta di lasciare quel posto e sembrava anche di non rincontrarci più. Tempo dopo scoprii che era appena stato truffato da degli altri italiani e quindi non eravamo i migliori candidati, ma per fortuna si fidò di noi e tutto il resto è storia. Fa caldo quando non piove 1 Contatto ci lasciò un indirizzo per il giorno seguente a cui presentarsi e chiedere per affittare una casa e cominciare, nel nostro progetto: coltivare in una stanza grande per poter rifornire il suo club. «Come riconosco la casa? Che citofono devo suonare?» A questa domanda il contatto si alzò e ci disse «voi andate lì e vi trovano loro». Grazie al cavolo! A quell’indirizzo c’era una cascina con tanto di stalla con bovini e annessa porcilaia col suo gradevole profumo di liquami suini, ma nessuno in casa. Aspettammo finché da una stalla uscirono una dozzina di personaggi del luogo, dalle tipiche fattezze contadine: polsi larghi come bottiglioni d’acqua, t-shirt sotto la pioggia gelata e carattere semplicemente rude. «Voi sareste gli italiani?» suonò nell’aia in un italiano stentato e la risposta del mio socio fu «Italiani, tedeschi o francesi cosa cambia? Siam qui per lavorare». Non capirono ovviamente la battuta, si presero male e dovemmo spiegare in più lingue cosa ci facessimo lì noi col nostro fastidioso umorismo da figli dell’asfalto. Chiarite le formalità dovute alle barriere linguistiche ci si presentò la situazione: avremmo dovuto allestire a growroom una intera stalla. Il mio socio non aveva ben capito la portata dell’impegno preso, soprattutto tenuto in conto che in quella nazione una stalla di lampade HPS comunque non sarebbe stata tollerata, ma come sempre non aveva la minima intenzione di rinunciare. Io pensai subito a come uscirne indenni e decidemmo di darci una data limite entro la quale avremmo dovuto aver avviato la stanza (o stalla) e formato un grower locale per poterci muovere in una situazione migliore. Il primo problema quindi fu come spiegare ai locali la nostra idea di coltivazione, quando vi sono di mezzo barriere linguistiche così grandi non è facile parlare di grammo Watt e di genetiche nordamericane. In secondo luogo il clima così umido e piovoso ci diede non pochi problemi di umidità e muffe relative. Optammo per una soluzione a ciclo chiuso di modo da poter utilizzare efficacemente un deumidificatore molto potente e non aver più problemi di sorta. «Che cazzo dici, non serve un deumidificatore, serve una idrovora!» con queste parole comprammo un signor deumidificatore capace di eliminare l’umidità dall’aria anche quando il condizionatore non era in funzione. Ovviamente, lavorando a ciclo chiuso, dovemmo integrare con un dispensatore di anidride carbonica per poter riportare a livelli accettabili per le piante il contenuto di CO2 dell’aria. Vi lascio immaginare le difficoltà incontrate in fase di realizzazione e la forte incredulità incontrata fino al raccolto. Fa caldo quando non piove 2 Il raccolto ci fu, fu copioso e non senza sforzi perché un ciclo chiuso rappresenta una sfida soprattutto in ambienti non propriamente adatti. Dopo il taglio decidemmo di cedere il posto ad un locale che avrebbe preso il nostro posto e avrebbe seguito passo passo i nostri consigli. Dovemmo seguirlo per altri due cicli ma alla fine tutto è bene ciò che finisce bene e ancora oggi in quella cascina dispersa tra il fango e l’assenza di telecomunicazioni c’è qualche contadino che coltiva come due cittadini di una metropoli europea. di CBG
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