La marijuana scende in campo al Super Bowl

Maria Novella De Luca
14 Feb 2022

La marijuana torna a far parlare di se e questa volta lo fa in grande stile scegliendo l’evento mediatico più seguito degli Stati Uniti, il Super Bowl. Ma questa volta i riflettori non si accendono su fatti di cronaca legati al doping e alle squalifiche, come accaduto nelle passate stagioni con fuoriclasse come Josh Gordon, Von Miller e Santonio Holmes, bensì per una bella notizia legata all’aspetto terapeutico della cannabis.


La NFL, infatti, ha annunciato lo scorso 1 febbraio di aver assegnato $ 1 milione a ricercatori medici dell'Università di California San Diego e dell'Università di Regina in Canada per studiare gli effetti dei cannabinoidi sulla gestione del dolore e sulla neuroprotezione dalla commozione cerebrale. Questi premi concludono la prima fase di proposte di ricerca avviata a giugno 2021 dal Joint Pain Management Committee (PMC).

Seppur non molto popolare nel nostro paese, è risaputo che il football americano rappresenti uno degli sport più violenti in assoluto e, negli ultimi anni, viene riportato sempre più spesso dai media americani che, i giocatori della NFL che si sottopongono a terapie e trattamenti antidolorifici continui per curare il dolore dovuto ai traumi di gioco, sostengono di avere effetti terapeutici positivi con l’uso di cannabis. Per questo motivo la National Football League sta lentamente modificando il proprio rapporto con i cannabinoidi e con le sue applicazioni mediche. Già negli anni passati si era allontanata dall’ approccio punitivo sulla cannabis, e aveva addolcito le severe linee guida del vecchio contratto fra giocatori e Lega. In base al più recente accordo, infatti, ratificato a marzo del 2020, i test sono limitati alle prime due settimane di training camp invece che da aprile ad agosto come avveniva in passato. Anche la soglia per attivare un test oggi è più alta, e questo rende più difficile che il test risulti positivo. I giocatori non vengono più sospesi nel caso di positività alla marijuana ma vengono invece indirizzati a programmi di riabilitazione.

Gli studi finanziati con i soldi della NFL "potrebbero portare alla scoperta di prove basate sui dati con grande impatto sulla gestione del dolore dei nostri giocatori", ha affermato il dottor Allen Sills, chief medical officer della NFL, in un comunicato stampa che spiega gli studi. Le sovvenzioni per la ricerca da 1 milione di dollari sono state coordinate dalla NFL e dalla NFL Players Association (NFPA) Joint Pain Management Committee, nonché dalla NFL Research and Innovation Committee. “Effetti dei cannabinoidi sul dolore e sul recupero da lesioni legate allo sport negli atleti d'élite: una sperimentazione clinica randomizzata" è il titolo dello studio della UC San Diego. Come parte dello studio, gli atleti d'élite vaporizzeranno THC, CBD e formulazioni combinate di THC/CBD a seguito di infortuni legati al gioco, con risultati monitorati tramite app. telefoniche remote.

La ricerca "dovrebbe gettare una nuova luce sui numerosi rapporti aneddotici secondo cui la cannabis è utile per ridurre il dolore post-gara", ha affermato nel comunicato il dottor Mark Wallace, direttore del Center for Pain Medicine presso la UC San Diego Health.

Lo studio dell'Università della Regina è intitolato invece "Cannabinoidi di produzione naturale per la gestione del dolore e la neuroprotezione dalla commozione cerebrale e la partecipazione agli sport di contatto". I ricercatori hanno in programma di studiare se il CBD e il THC possono gestire il dolore e ridurre l'uso di oppioidi negli atleti che soffrono di sindrome post-commozione cerebrale. Il dottor Patrick Neary, professore presso la Facoltà di Kinesiologia e Studi sulla Salute dell'Università di Regina, ha affermato in un comunicato stampa che lo studio "ha il potenziale per cambiare non solo la vita degli attuali ed ex giocatori della NFL, ma anche quella di qualsiasi persona che soffra per una commozione cerebrale”.

Entrambi i gruppi di ricerca ritengono che i cannabinoidi possano essere un'alternativa agli oppioidi per gestire il dolore. Il mercato globale dei farmaci per la gestione del dolore è stato valutato a 71,4 miliardi di dollari nel 2019 e si prevede che raggiungerà i 91,6 miliardi di dollari entro il 2027, secondo Allied Market Research, una società di ricerche di mercato e consulenza dell’Oregon. Gli oppioidi detengono la quota di mercato più grande tra i farmaci per la gestione del dolore anche se molti giocatori della NFL e anche persone al di fuori degli sport professionistici, ritengono che la cannabis sia un’opzione migliore rispetto agli oppiodi, per il trattamento del dolore.

La politica sulla cannabis della NFL sta davvero cambiando, quindi, e questo forse si deve anche al crescente sostegno del pubblico americano alla legalizzazione. L'adozione condizionale della cannabis terapeutica da parte della NFL potrebbe davvero aprire una nuova strada verso grandi mercati sulla gestione del dolore e delle lesioni da commozione cerebrale. Potrebbe inoltre portare maggiore consapevolezza pubblica sul potenziale della marijuana come medicina legittima, soprattutto grazie alla popolarità dei giocatori stessi che, grazie alla loro esperienza personale, diventerebbero testimoni diretti e ambasciatori di un grande messaggio.

“La NFL è una lega molto influente, genera più entrate di baseball, basket e hockey messi insieme", ha affermato Tye Heckler, fondatore di Heckler Branding con sede a Seattle, con clienti come Starbucks e il produttore di cannabis Tilray. La NFL, infatti, attira a se un pubblico enorme. Durante la stagione 2020, il pubblico televisivo medio di una partita della NFL di una stagione regolare è stato di circa 14,9 milioni di spettatori, secondo Statista, con sede a New York.

“Raccontare le nostre storie è ciò che aiuta la cannabis. Quando raccontiamo storie, aiutiamo a cambiare idea", ha affermato Lisa Buffo, fondatrice e CEO della Cannabis Marketing Association. “È difficile non credere a qualcuno che racconta qualcosa in base alla sua esperienza. Ed è particolarmente incisivo il messaggio dato da uomini forti e potenti che parlano della loro vulnerabilità al dolore e all'ansia e di come la cannabis li ha aiutati”.

Ascoltare come la pianta di canapa abbia aiutato quegli atleti che per molte persone sono veri e propri “miti” o modelli di vita da seguire, sarà sicuramente di grande aiuto per far comprendere gli effetti terapeutici di questa pianta, allontanarla dall’idea che sia solo una droga e riconoscerne il potenziale anche in ambito sportivo.

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Maria Novella De Luca