Jadam farming per un'agricoltura organica low cost

Soft Secrets
18 Jan 2022

Nato agli inizi degli anni '90, il metodo JADAM è una nuova forma di agricoltura organica che promette una vera e propria rivoluzione dell'agricoltura


Jayonul Damun Saramdul, ovvero "Gente che ama la natura": una massima coreana nascosta dietro 5 semplici lettere ma che promette una vera e propria rivoluzione dell'agricoltura. 

Nato agli inizi degli anni '90, il metodo JADAM è una nuova forma di agricoltura organica creato da Youngsang Cho, chimico ed agricoltore, nonché figlio del più famoso Cho Han Kyu l'inventore del Korean Natural Farming, un metodo di coltivazione che mette insieme una serie di pratiche tradizionali tipiche della Corea. Il metodo JADAM è stato concepito, dopo una lunga riflessione sull'agricoltura moderna e più in generale sulla civiltà capitalistica, per far fronte alle sfide cui saremo sottoposti nei prossimi decenni come l'aumento della popolazione mondiale, il cambiamento climatico da cui ne consegue la diminuzione della superficie coltivabile, lo scarseggiare di risorse oggi primarie come il petrolio, la trasformazione dei mercati, la crescente richiesta di qualità certificata e i costi sempre più elevati per gli agricoltori non più sopportabili. 

I suoi obiettivi principali sono la riduzione dei costi e il ritorno sulla scena di agricoltori padroni di sé stessi, infatti il metodo si definisce "Ultra Low Cost". Alla base del metodo JADAM vi è l'osservazione degli ecosistemi naturali al fine di imitarne i meccanismi che lo regolano; una frase ricorrente tra i seguaci del metodo dice "Fai quello che fa la Natura" infatti più che un metodo di coltivazione, è una vera e propria filosofia di vita in continua evoluzione. Nel suo libro, Youngsang Cho definisce ed espone i principi del JADAM come in un manifesto ideologico. Ad esempio, il dualismo tra il bene e il male è messo in discussione negandone l'esistenza, per il JADAM non esistono forze interposte ma ogni essere, animato o inanimato che sia, è unico e indivisibile. 

Se diamo uno sguardo alla natura sono tanti gli esempi di cose che possono rappresentare allo stesso tempo il bene e il male, dipende da come sono utilizzate; l'acqua è uno di questi, un bene indispensabile per gli esseri viventi ma il suo eccesso potrebbe risultare un male. Un altro concetto esposto nel libro è quello di indivisibilità degli individui, infatti l'autore afferma che dobbiamo pensare a noi stessi come agli altri riferendosi all'interdipendenza tra uomini, agricoltura, salute e bene supremo della nazione, infatti la nostra salute dipende tantissimo da cosa mangiamo quindi è importante che anche l'agricoltura sia in buona salute; un popolo sano grava meno sul sistema sanitario della nazione rendendola più forte. Per il JADAM tutto è connesso. 

Vediamo alcuni aspetti più pratici per comprendere meglio il metodo. Gli scarti di rami e foglie non sono considerati come dei rifiuti fonte di plaghe e malattie ma vengono visti come materia ricca di sostanze nutritive da restituire al suolo. In questo caso si è partiti dall'osservazione di quello che succede in natura durante l'autunno, le foglie cadono dagli alberi sulla superficie del terreno e nel corso dei mesi vengono decomposte per mezzo dei microrganismi che popolano il suolo arricchendone la composizione. Il risultato è la formulazione di tre precetti che regolano la fertilizzazione del suolo spiegabili con questa frase: le foglie fresche cadono sulla superficie del terreno in autunno per reincorporarsi in esso. 

A proposito della rotazione delle colture come possibile soluzione all'impoverimento dei terreni causato dalla monocoltura, il metodo JADAM si dice contrario a questa pratica definendola innaturale. Infatti la natura ci dimostra come piante e alberi abbiano vissuto per secoli nello stesso posto e continuano a vivere senza problemi. A differenza delle monoculture realizzate dall'uomo, quelle in natura si rigenerano continuamente riciclando i cosiddetti scarti. Per quanto concerne i microrganismi, JADAM si fa promotore del loro impiego in agricoltura ma a determinate condizioni, i microrganismi devono essere indigeni e di varietà assortita. Molte imprese propongono varietà selezionate di microrganismi pronti all'uso ma spesso al momento della loro applicazione non risultano efficienti. Il metodo JADAM valorizza l'impiego di microrganismi autoctoni, sviluppatisi nel corso del tempo in un determinato ambiente, suggerendo di procacciarli per conto proprio, prelevandoli dallo strato superficiale dei terreni che sorgono in prossimità della zona in cui viviamo. Questa pratica garantisce la loro sopravvivenza e la biodiversità del substrato di coltivazione. Il metodo JADAM comprende anche la consociazione di piante benefiche con determinate coltivazioni per sfruttarne le proprietà allelopatiche. L'allelopatia è quel fenomeno biologico per cui le piante producono determinati composti chimici, detti allelochimci, con il fine di influenzare positivamente o negativamente la biologia di altri organismi vicini. Può essere definito come vero e proprio sistema di difesa delle piante. Ad esempio la presenza di alcuni insetti induce la pianta a produrre delle tossine che inibiscono il loro ritmo biologico allontanandoli. 

Un altro esempio è osservabile nella competizione che nasce tra piante che crescono vicine, alcune di esse sono in grado di rilasciare delle tossine nel suolo per paralizzare letteralmente la crescita dei loro antagonisti, risultando utili anche per il controllo delle infestanti. Riguardo le erbe spontanee, talvolta definite infestanti, il metodo JADAM non le considera tali ma le ritiene una componente fondamentale per la proliferazione di microrganismi di vario genere all'interno del suolo. Più che eliminarle, le erbe infestanti devono essere utilizzate per il sovescio o per la pacciamatura del terreno. L'equilibrio del terreno è uno dei perni centrali del metodo, infatti l'autore afferma che al pari degli esseri umani l'equilibrio è una condizione fondamentale per il benessere. Nel suolo è importante che il rapporto microrganismi e fertilizzanti sia equilibrato. Per conseguirlo è necessario impiegare microrganismi autoctoni prelevati dai terreni locali e seguire il ritmo naturale della fertilizzazione attraverso i tre precetti sopra descritti. Il metodo JADAM, oltre a definirsi ultra-lowcost, promette allo stesso tempo di essere semplice da comprendere e facile da eseguire. Questa forma di agricoltura sostiene che il sapere stia in mano agli agricoltori e non alle multinazionali che dettano le regole del gioco. Le persone hanno paura dello sconosciuto, dell'ignoto e per questa ragione non si avventurano in nuovi metodi, ma se le pratiche risultano semplici allora il coltivatore non avrà più paura di provare. Per questo il JADAM contempla tecniche e pratiche dove le risorse indispensabili sono a costo zero e i lavori da eseguire sono facili.

Una pratica che rientra nella norma del JADAM è l'impiego di fermentati anaerobici come input per la crescita delle piante. Un fermentato anaerobico è una soluzione ricavata dall'infusione in acqua di determinati vegetali che per opera di microrganismi anaerobici vengono decomposti con il fine di liberarne le sostanze nutritive contenute. I fermentati anaerobici sostituiscono i classici fertilizzanti acquistati al negozio e vanno realizzati con i resti delle colture e con erbe selvatiche autoctone. Il metodo JADAM ritiene che se le nostre piante sono buone per essere consumate, allora risulteranno ottime anche come fertilizzante. Vediamo come realizzare quello che in gergo è chiamato JLF, ovvero JADAM Liquid Fertilizer. Innanzitutto è necessario procurarsi un recipiente di almeno 50 litri di dimensione, un colabrodo, un mestolo di grandi dimensioni e un contenitore dove conservare il JLF. Per quanto riguarda le materie prime, sono necessari un chilo di erbe selvatiche fresche per ogni 10 litri di soluzione e circa 20 grammi di foglie marce raccolte dalla superficie del suolo. Tra le erbe selvatiche vi è un'ampia possibilità di scelta, ad esempio l'ortica dioica è abbastanza diffusa sulla penisola, oppure la bardana, il dente di leone o l'erba cappuccina, l'importante è che siano autoctone. Quindi riempire il recipiente con acqua decantata, ancor meglio acqua sorgiva o piovana, immergere all'interno la quantità relativa di erbe selvatiche e coprire la superficie con le foglie marce fino a realizzare uno strato, chiudere il recipiente con il coperchio e sigillarlo. Dopo circa dieci giorni la soluzione avrà assunto un colore scuro indicandoci che il JLF ha fermentato correttamente. Prima del suo utilizzo è necessario filtrare la soluzione dai resti vegetali; posizionare il colabrodo sulla superficie della soluzione ed immergerlo leggermente, con l'ausilio del mestolo prelevare il liquido all'interno del colabrodo che risulterà completamente filtrato e conservarlo nel secondo contenitore già predisposto. Perché il metodo JADAM prevede di filtrare la soluzione nel modo appena descritto? I resti vegetali risultanti dal filtraggio della soluzione vengono conservati nel recipiente principale per essere successivamente riutilizzati nella preparazione di altri fermentati. Con questo metodo gli sprechi sono ridotti a zero. Un suggerimento è quello di realizzare i fermentati nello stesso luogo dove verranno utilizzati, in questo modo i microrganismi che proliferano all'interno della soluzione saranno già abituati alle condizioni ambientali locali.

 Secondo il metodo JADAM la cosa migliore è quello di realizzare il JLF con i resti delle stesse piante che coltiviamo, allora perché non provare con la cannabis? Il metodo JADAM fornisce una serie di strumenti utili per una agricoltura di successo. Tra questi vi sono numerosi preparati come pesticidi a base di fermentati, agenti umettanti, zolfo liquido oppure soluzioni a base di microrganismi. Un strumento molto interessante è quello chiamato "lettiera artificiale". La lettiera è lo strato più superficiale del suolo, dove avviene la decomposizione di rami e foglie per opera dei microrganismi. La lettiera artificiale è il miglior metodo per conseguire dei microrganismi indigeni soprattutto per chi non ha un accesso diretto alla natura. Utilizzare uno strato di terra ben pulita, coprirlo con erba tipo le graminacee e bagnarlo con acqua per mantenerlo umido. I microrganismi presenti si occuperanno del compostaggio della materia vegetale proliferando in maniera esponenziale. Con questo metodo otterremo dei microrganismi 100% autoctoni. Essenzialmente possiamo definirlo un mini compostaggio. Negli ultimi anni coltivare cannabis si è convertito nel trattare le piante come una scatola di ferro priva di vita, torniamo a darle il giusto valore!

 

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